Fosse così sicuro di ottenere il risultato sperato, forse Giuseppe Conte non avrebbe realizzato ieri un video-appello per spingere gli iscritti al M5S a “votare per definire le battaglie” dei grillini. E soprattutto non avrebbe concesso un’intervista a Repubblica per minacciare l’addio al Movimento qualora i votanti decidessero di non sposare la sua linea “progressista”.
Non se lo sognava così, l’appuntamento costituente. Dopo la vittoria in Sardegna con la “sua” Alessandra Todde, Conte si era forse illuso di poter scalare il centrosinistra e scalzare Elly Schlein dalla leadership del possibile Campo Largo, Campo Stretto, Campo morto. Gli è andata male. Non solo perché la leader del Pd è stata brava a polarizzare la scontro con Giorgia Meloni in un’ottica bipolare che, di fatto, taglia fuori Giuseppi. Ma anche perché le elezioni Europee e quelle Regionali hanno confermato tutta l’inconsistenza territoriale grillina. Lì dove l’alleanza progressista ha seguito i diktat grillini, leggi il niet a Renzi in Liguria, il centrosinistra ha incassato una madornale sconfitta. In Umbria ed Emilia Romagna, invece, Proietti e De Pascale avrebbero vinto anche senza l’apporto dei grillini. Conte rivendica di aver contribuito al successo, ma i numeri dicono altro: dal 15% delle politiche del 2022, il Movimento è passato al 9,9% delle Europee e a meno del 5% nelle Regioni. Una debacle.
Colpa anche della lite tra Giuseppi e Beppe Grillo? Forse. Ma non è l’unica. L’asse tra M5S e il “Pdmenoelle” non convince un’ampia fetta di elettori i quali magari apprezzano Conte ma ricordano le storiche battaglie contro il “sistema Pd”. Per questo l’ex premier sta provando ad aggiustare il tiro, senza però auto-sconfessarsi: nessuna “alleanza organica o strutturata” con i dem “incompatibile con il nostro dna”, promette ai suoi, ma sì al “dialogo con le forze del campo progressista”. Prendere o lasciare. Da qui la “minaccia” (spacciata per “coerenza”) di lasciare il M5S in balia del caos qualora gli iscritti non dovessero approvare la sua “traiettoria” sinistra. Papale papale: “Se questa scelta di campo progressista venisse messa in discussione, il Movimento dovrà trovarsi un altro leader”.
L’avvocato del popolo se la sta facendo sotto? Forse. Le votazioni si aprono oggi e nel fine settimana è prevista l’Assemblea Costituente. Gli iscritti sono 89mila e alcune delle questioni richiedono che si esprima almeno il 50%+1 degli aventi diritti al voto, pena l’invalidità del risultato. Non a caso il processo dura 4 giorni (il doppio di un’elezione normale) e la platea degli iscritti è stata scremata nelle scorse settimane eliminando chi da troppo tempo non risultava attivo sulla piattaforma. Giuseppi, magari, alla fine ce la farà. Anzi: è probabile. Ma la nervosa intervista di oggi a Repubblica lascia trapelare una certa apprensione. Alla finestra attende Chiara Appendino, contraria ad un M5S che si lasci “fagocitare” dal Pd di Elly Schlein. Anche lei speranzosa, chissà, di avere una chance.
Giuseppe De Lorenzo, 21 novembre 2024
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