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Giuseppi alle corde s’appiglia allo stato d’emergenza

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“C’ha provato, il fratello: prima s’è messo a parlare da solo, poi in nome d’un altro ed è partito con il destro”. Solo che Bud Spencer “Bambino”, fraintendendo, s’incazzava come un rinoceronte e gli sfasciava il confessionale. Pure quel gran paravento di fratel Giuseppi deve aver temuto che stavolta gli italiani, popolo d’esasperati più che contagiati, andassero a sfasciargli in confessionale. E così, dopo averci provato, s’è rimangiato: “I pieni poteri? Vedremo, era una ipotesi, casomai dovrebbe passare per il Parlamento (tante grazie)”, bla, bla, bla. Però intanto c’ha provato, e Conte è uno che, se ci prova, ci riprova.

Ma com’è esattamente che dall’avvocato del popolo siamo passati al popolo dell’avvocato, per dire un leguleio costruito in laboratorio come un Premier che ormai considera la cittadinanza una massa bassa di playmobil e le Camere bivacchi di manipoli? Sono le alchimie all’italiana: tu pigli un Carneade di provincia, ambizioso, spregiudicato, lo metti su, ce lo tieni, lo blindi (vero, Mattarella?), convinto che questo più che obbedire non farà, invece Carneade ci prova gusto, scopre l’orgasmo del potere e l’orgasmo si trasforma in orgia: col Rasputin da reality dietro, il feroce Casalino, che secondo insistenti mormorii del bosco è il vero padre padrone di Carneade. Giuseppi piglia un tram chiamato desiderio: di durare, di fare e disfare; gli dà una mano insperata la pandemia che viene dalla Cina, si avoca pieni poteri, si sente uomo della provvidenza e uomo solo al comando a bòtte di Dpcm, famigerato acronimo, più fuori che dentro la Costituzione, il Capo dello Stato lascia fare, i pieni poteri diventano strabordanti, l’orgia scade nella più sconcia delle ammucchiate, Carneade è diventato Carnivoro.

E, siccome comandare è meglio che fottere, ci prova, il (grande) fratello: da qui all’eternità, fino al passaggio di un tram chiamato climaterio. Chiaro, adesso, a che serviva il terrorismo delle seconde ondate, dei microcontagi, dell’andiamoci piano e dei vaticini di sfiga made in Oms? A due uomini soli, buoni a nulla ma capaci di tutto, puntellati da una cosca di virologi non virologi capaci di nulla ma buoni a tutto: più le sbagliano e più si candidano, dalla politica alle superconsulenze.
Passa così la clausura più lunga e allucinante dell’Occidente, che ci lascia devastati dentro e annientati come società: impoveriti e alienati, diffidenti, incarogniti (altro che “andrà tutto bene”, “ne usciremo migliori”), insomma: noi contro di noi. Atterriti di fronte al futuro che viene portando un bastimento carico di guai: interi comparti azzerati, settori in coma, 280 mila negozi in chiusura da qui all’autunno, senza contare quelli già morti durante in lockdown, il Pil in avvitamento, maglia nera in Europa, l’Europa che si lecca i baffi, ci vuole la Morani di turno per esultare su Twitter: “A maggio c’è stato il rimbalzo!”. Sì, delle balle: poi, per fortuna, ha preso il monopattino elettrico made in Cina e si è fatta filmare mentre scorazzava gioiosa.

Insomma, in fine di quarantena ce n’era abbastanza per farla finita: ma ai virologi di regime non basta, tifano per il peggio, menano sfiga nera, vaticinano morìe di ritorno, li mortacci loro: tutto funzionale, tutto organizzato al ritorno del Carnivoro e adesso se n’ha la conerma: Giuseppi, ormai premier Travicello, affonda nelle sabbie mobili grillopiddine, preoccupato del mormorio del bosco sociale che minaccia di eruttare in boato, della irritazione del Colle (meglio mai che tardi…), di certi téte a téte DraghiDi Maio, e lui dovrebbe fare la fine di Raimondo Vianello nel videoclip di “Ed io tra di voi”? E così, Carnivoro che ti fa? Ma è chiaro: un lockdown di ritorno, la seconda ondata, lo stato emergenziale prorogato sino a fine anno, il che si legge: sine die. Perché del doman v’è una sola certezza, che Conte non vuol mollare ed è disposto a tutto, veramente a tutto per non mollare. Anche a protrarre una emergenza lunga un anno, che in termini socioeconomici si traduce in un secolo.

E allora, sotto coi Dpcm, che ormai ricordano altre tetre sigle, Gestapo, Ghepeù. Sotto con regolamentazioni più astruse della Stele di Rosetta, con i faccio quello che voglio come voglio e quando voglio, per esempio congelare ancora elezioni amministrative che mi promettono sfracelli, sotto con le conferenze stampa dal paternalismo autoritario; col blocco di ritorno di ogni cosa; con la paralisi delle attività; con il telelavoro, la telescuola; con la moltiplicazione, per finta, dei pani e dei pesci e, per davvero, delle task force; con l’impazzimento fanatico dei controlli; coi piccoli e grandi loschi affari sulla sicurezza; con la distorsione scientifica; con i dirottamenti mediatici dalla realtà. Tutto per un uomo solo, anzi due. Tutto per durare. Tutto per fare strame di un paese, come piace alla Cina e perché no ai paesi frugali, che poi si leggono “fregali”. Ma finché c’è Covid c’è speranza, minuscolo.

C’è anche Azzolina, De Micheli e il resto dei Merry Pranksters: chiudono 13 paesi a rischio e di fatto lasciano aperto al Bangladesh che è una polvereriera virale. Lamorgese, buona pure quella, scaglia allarmi settembrini sul “pericolo di grave crisi economica che ci ha colpito” ma imbarchiamo un migliaio di clandestini al giorno: da ospitare e mantenere, caro Bergoglio. Dice Mario Sechi su List: “Finora è andata fin troppo bene a Xi Jinping e non è una buona notizia”. Per molti, ma non per tutti: al giovin Casaleggio, che si fa ricevere da Azzeccadecreti, e poi scatta l’idea meravigliosa della prorogatio dolorosa, va di lusso pure a lui.

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