Ci sono momenti nella storia di una nazione in cui le divisioni politiche interne passano in secondo piano rispetto all’amor patrio e all’interesse nazionale, in cui è necessario mettere da parte divisioni, scontri per un bene superiore. Nella storia italiana sono spesso avvenute queste circostanze ma non sempre tutti i nostri connazionali si sono dimostrati all’altezza preferendo la strada più breve e semplice, il tornaconto personale piuttosto che l’interesse collettivo, una visione sintetizzata perfettamente dall’aforisma di longanesiana memoria “tengo famiglia”.
Un mal costume nazionale che si è tradotto nello svendersi al miglior acquirente spesso coinciso con una potenza straniera, già nel periodo rinascimentale le città stato spianavano la strada ai sovrani stranieri per indebolire i propri avversari interni con il risultato di venire in seguito loro stesse annesse e conquistate.
Una parte del paese è stata da sempre avezza a questo sentimento che possiamo definire senza remore “anti italiano” ed è spesso coincisa con la sinistra, non tanto gli elettori dei partiti di sinistra quanto la classe dirigente, l’establishment e il celebre apparato che già dai tempi del Partito Comunista Italiano avrebbe voluto un’Italia subalterna della Russia.
Oggi lo stesso copione si ripete con il caso Sea Watch, non si tratta di essere pro o contro Salvini, il punto non è se ci piace o meno il Ministro dell’interno e le sue politiche, quanto la necessità di rispettare la legge. I parlamentari del Pd e di altri partiti di sinistra che sono saliti sulla Sea Watch 3 affermando: “Rimaniamo a bordo della Sea Watch finchè non sarà dato l’ordine di sbarco”, hanno fatto una precisa scelta di campo facendo passare il messaggio che in Italia si può non rispettare la legge. Come può un semplice cittadino credere in una nazione che non riesce a tutelare i propri confini? Come possono i cittadini avere fiducia nei parlamentari che prendono pubblicamente posizione contro lo stato che dovrebbero rappresentare?
I riflettori dell’Europa e del mondo intero sono puntati su di noi, l’esito dello scontro politico sulla Sea Watch determinerà la credibilità dello stato italiano anche al di fuori dei confini nazionali. Presto sapremo se una nave straniera può entrare nelle nostre acque territoriali nonostante il divieto senza che succeda nulla, oppure se il rispetto della legge rimane una prerogativa imprescindibile per uno stato democratico. Il caso Sea Watch ci pone davanti a un bivio: o si è dalla parte dell’Italia o si è contro la nostra nazione, tertium non datur.
Francesco Giubilei, 28 giugno 2019