Chi volesse scovare il volto contemporaneo del fascismo, dovrebbe guardare alle imprese di questa galassia internazionale di devastatori di città che si fa chiamare “Antifa”. La cronaca di tali gesta è da giorni un bollettino del peggiore squadrismo: proprietà privata violata e depredata, aggressioni in branco a civili inermi (perfino disabili!), interruzione violenta delle più elementari libertà dei cittadini. Movente ipocrita da dare in pasto al mainstream antifascista (quindi oggi fascista al quadrato): l’uccisione del povero George Floyd in cui sono coinvolti quattro poliziotti americani, immediatamente licenziati con disonore e mesi sotto incriminazione.
Ma il meglio la teppaglia saccheggiatrice l’ha dato ieri a Londra. Un gruppo di questi decerebrati (proprio in senso letterale, mancanti di un sistema nervoso centrale all’altezza dell’umano) si è “eroicamente” accanito contro il memoriale di Sir Winston Churchill eretto in Parliament Square. Hanno imbrattato il nome dello statista britannico, e sotto hanno vergato a spry: “Era un razzista”. Cioè: un movimento che nel 2020 si proclama “antifascista” si accanisce sulla statua dell’uomo senza il quale oggi saremmo tutti sudditi del Terzo Reich (i fortunati rimasti in vita e fuori dai cancelli del lager).
L’uomo che nel fatale 1940 decise di tenere duro contro la svastica vincente, da solo, appeso all’eccezione geografica e valoriale del proprio Paese, il Regno Unito, contro ogni evidenza logica, razionale, militare. L’uomo che si presentò così alla Camera dei Comuni, mentre l’Europa franava sotto i colpi della guerra-lampo, l’America era dormiente a un oceano di distanza, l’Unione Sovietica aveva stipulato un Patto di non aggressione con la Germania nazista, con cui si stava spartendo entusiasta il cadavere della Polonia: “Voi chiedete: qual è la nostra linea politica? Io rispondo: fare la guerra per terra, mare, aria. Guerra con tutta la nostra potenza e tutta la forza che Dio ci ha dato, e fare la guerra contro una mostruosa tirannia insuperata nell’oscuro e doloroso catalogo del crimine umano. Questa è la nostra linea politica”.
Un pazzo, un suicida, uno che disse “non ci arrenderemo mai” all’indomani della disfatta di Dunkerque. No, un genio, come se ne contano poche unità nel calderone dei secoli, un uomo istintivamente connesso con i sussulti della Storia, uno che negli anni Trenta aveva capito contro tutti che Adolf Hitler era la minaccia suprema, e che nel 1940 capiva contro tutti che no, ci si poteva non arrendere, bastava tenere il domino aereo della Manica e accesa la fiammella del mondo libero, perché era questione di tempo, gli Stati Uniti non potevano non scuotersi, anzi ci si doveva non arrendere, perché l’alternativa era un buco nero: “Nessuna sopravvivenza per l’anelito, la forza motrice dei tempi, che l’umanità muova avanti verso il suo traguardo”. L’uomo che ha impedito il trionfo del nazismo, e che quindi ha preparato per primo il suo crollo finale. Ecco, questo è l’uomo di cui gli Antifa hanno insozzato la memoria. Giustamente: loro hanno molto più in comune con l’altro, l’imbianchino, il tiranno, l’assassino.
Giovanni Sallusti, 8 giugno 2020