È in corso lo sciopero generale di 24 ore indetto dai sindacati di base: disagi in tutta Italia per lo stop al trasporto pubblico ma anche a sanità e scuola. I servizi non saranno garantiti per l’intera giornata e si prevedono parecchie difficoltà per lavoratori e pendolari. Ma c’è anche un’altra riflessione da fare in merito allo sciopero avallato dal Tar, che ieri ha sospeso l’ordinanza di riduzione firmato dal ministro Matteo Salvini. Sì, perché tra le incredibili motivazioni della mobilitazione c’è anche una componente politica, che certifica il furore ideologico dei sindacati.
Tra i motivi dello sciopero di oggi c’è infatti il “sostegno al genocida governo israeliano”. Sì, i sindacati hanno indetto la mobilitazione perché il governo di Giorgia Meloni sarebbe colpevole di essere schierato dalla parte di Israele. Si tratta di una stupidaggine colossale. Entriamo nel dettaglio: l’Usb ha confermato lo sciopero per le scelte del governo che hanno ricadute pesanti “sulle libertà democratiche e sul rischio sempre più concreto di vederci coinvolti in una pericolosissima spirale di guerra”. Ancora più palese la nota dell’Atac che, subito dopo la manovra economica, sottolinea che la protesta è “contro il crescente coinvolgimento dell’Italia nei teatri di guerra tanto ad est quanto nel sostegno al genocida governo israeliano” e poi “contro i progetti di riforma autoritaria dello stato, quali decreto legge 1660, premierato e autonomia differenziata”.
Come qualsivoglia organizzazione pro-Pal – spesso anche pro-Hamas – sindacati e sigle sono scesi in campo anche contro Tel Aviv. Resta da capire cosa c’entri tutto ciò con il lavoro e con i lavoratori, che rischiano di passare in secondo piano per il delirio ideologico di qualche solone. Il diritto allo sciopero non può certo essere confuso con il fanatismo: le manifestazioni in programma oggi sono per chiedere migliori condizioni di lavoro o per gridare “Palestina libera”?
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Più che comprensibile la rabbia della comunità ebraica. Come à possibile anche solo pensare di trasformare un momento di rivendicazione salariale-sindacale in uno spazio prestato alla strumentalizzazione politica e alla distorsione che semina odio? Questa è la domanda che si è posta Noemi Di Segni presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane: “Il concetto è questo: va di moda il binomio Israele-genocidio e attrae attenzione? Usiamolo anche come sindacati per qualsiasi pretesa. E non importa che in altre parti del Medioriente e del mondo si è visto l’orrore proprio in questi giorni”. La battaglia per stigmatizzare certe vergognose abitudini e il diritto di Israele di difendersi e favorire negoziati continua: “Se da cittadini comprendiamo le ragioni di uno sciopero pur con tutti i disagi, da cittadini di questo paese ribadiamo che uno sciopero non è una piazza dalla quale si annunciano slogan di odio e distorsione”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma, che esprime sgomento e sconcerto per la vergognosa rivendicazione: “Purtroppo, siamo di fronte all’emergere di un sentimento di odio verso Israele che prescinde da qualsiasi ragionevole contesto, e che non può avere altra spiegazione se non l’urgenza di esprimere – anche fuori luogo – un antisemitismo che cova da sempre. Che non è mai stato debellato. Il nostro compito è non restare in silenzio e denunciarlo. Sempre e comunque”.
Difficilmente assisteremo a precisazioni, figurarsi delle scuse. Ciò che è certo è che gli sconfitti in questa storia sono tanti. In primis il buonsenso. Poi i lavoratori, che dovrebbero essere al centro dell’azione dei sindacati e invece vengono strumentalizzati per delle lotte politiche e ideologiche. Saranno felici le fazioni pro-Pal. E anche quelle pro-Hamas.
Franco Lodige, 13 dicembre 2024
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