Gli ecologisti tifano virus per “pulire” l’ambiente

Per molti ecologisti di spicco la crisi sanitaria dovuta alla pandemia è stata una grazia

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di Matteo Milanesi

Premessa a scanso di equivoci, contro i pasdaran dell’ambientalismo e delle politiche green: qualsiasi persona di buon senso è favorevole alla salvaguardia del pianeta; nonché all’introduzione di un pacchetto di politiche ecosostenibili per contenere l’effetto inquinante delle attività umane. Il punto centrale è chiarire quali mezzi debbano essere utilizzati per raggiungere il fine.

Se la soluzione è quella di rifiutare l’industria, la tecnica, la produttività, l’automotive – uno dei pochi settori in cui il nostro continente mantiene il primato – per una mobilità fatta solo di biciclette e monopattini; oppure quella di intraprendere vie alternative al capitalismo liberale – come vorrebbero molti progressisti – in nome di un sistema pianificato sull’intervento della mano pubblica, allora è necessario offrire soluzioni alternative, in grado di conciliare ambientalismo e sviluppo economico. Fra queste, piuttosto che concentrarsi ossessivamente e paranoicamente sulle politiche occidentali, gli ambientalisti dovrebbero tener presente che uno dei totalitarismi più chiusi al mondo, la Cina, è anche il maggiore produttore di tonnellate di Co2 del pianeta, nonché il primo Paese in termini di emissioni di gas serra. E allora: perché i gretini non utilizzano standard rigidi e severi – riservati solo all’Europa – anche nei confronti della dittatura comunista del Dragone?

Nel libro Il dio verde (editore liberilibri), Giulio Meotti, giornalista del Foglio, racconta «l’altra faccia dell’ecologia, convertita ormai nella religione laica dell’ecologismo». Con uno stile scorrevole e puntiglioso, Meotti scrive pagine da incorniciare sulla «ecolatria e le ossessioni apocalittiche» dell’ambientalismo sfrenato. Mentre in tutto il mondo si emarginavano a posizioni negazioniste i no mask, i no green pass e infine i non vaccinati, molti ecologisti accoglievano a braccia aperte l’arrivo della pandemia da Covid-19, senza mai essere tacciati di assumere posizioni estreme. Meno smog, meno anidride carbonica, meno circolazione a motore, meno effetto serra, rappresentano il sogno dell’ecologismo.

Una rappresentazione onirica in cui la natura prevale sull’uomo, il socialismo sul liberalismo, il verde sull’attività produttiva umana. In poche parole: la nascita di una nuova opposizione al capitalismo sfrenato, principale causa del riscaldamento globale che rischia di portare alla distruzione della Terra.

Meotti spiega come l’ex redattore del quotidiano francese Le Monde, Edwy Plenel, ha definito il Covid un «virus rivoluzionario»: «Previene la privatizzazione dell’aeroporto di Parigi, facendo crollare il mercato azionario». Sulle colonne del New York Times, Meehan Crist della Columbia University ringraziava la pandemia per aver portato «aria straordinariamente pulita in Cina ed in Italia». Il 25 marzo 2020, mentre il Covid-19 costringeva i governi di tutto il mondo ad applicare lockdown e restrizioni delle libertà fondamentali dell’individuo, l’ecologista Bruno Latour parlava di «agente patogeno la cui terribile virulenza ha modificato l’esistenza di tutti gli abitanti del pianeta. Questo agente non è affatto il virus, sono gli esseri umani».

Insomma, per molti ecologisti di spicco la crisi sanitaria dovuta alla pandemia, generatrice di milioni di morti e sofferenze, è stata una grazia, un tentativo di rieducazione in senso verde dell’essere umano, una «prova generale del crollo di un modello che ha trovato i suoi limiti» – come affermato da un membro dei Verdi francesi, Noël Mamère, ancora sul quotidiano Le Monde. Ma non finisce qui. Anche l’economista Piketty parlava di crisi pandemica che «accelererà la fine della mondializzazione del commercio e l’emergere di un nuovo modello di sviluppo equo e sostenibile».

La forza degli ecologisti è stata proprio questa: far credere che l’ambientalismo fosse una battaglia esclusiva del progressismo, riuscendo a sostituire la «lotta di classe – marxianamente intesa – del Ventesimo secolo» con «la natura del Ventunesimo». L’ambientalismo radical e liberal ha cambiato le proprie vesti, ma ha mantenuto, in modo più o meno esplicito, lo stesso nemico: la società capitalista. Diffidate dagli interpreti: il comunismo non è morto, è solo diventato verde.

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