Qui i dubbi sui vaccini, più che diminuire rischiano di aumentare. Ieri infatti il comitato scientifico consultivo della Food and Drug Administration (Fda), l’agenzia federale Usa sulla sicurezza dei farmaci, ha bocciato il richiamo con terza dose di Pfizer-BioNTech per le persone di età pari o superiore a 16 anni. Il via libera è arrivato solo per gli over 65, per chi è molto esposto al virus (tipo i medici) e per chi rischia gravi conseguenza in caso di Covid. Ma non per tutti gli altri indiscriminatamente. Il voto è stato schiacciante: 2 favorevoli contro 16 contrari. La decisione finale, ovviamente, spetterà solo all’Fda che la prenderà nei prossimi giorni. Ma si tratta di un duro colpo per la strategia di Joe Biden (che ha già annunciato il piano per un terzo giro di inoculazioni) e per i sacerdoti acritici del vaccinismo.
Il rischio di miocarditi
Intorno al tavolo sedevano membri dell’Fda Vaccines and Related Biological Products Advisory Committee, delegati del Centers for Disease Control and Prevention (CDC), funzionari del ministero della Salute israeliano, esperti di vaccini e rappresentanti della stessa Pfizer. Al centro del dibattito, ovviamente, il calo di protezione osservato nel vaccini. Come dichiarato anche a Quarta Repubblica da Arnon Shahar, il generale Figliuolo d’Israele, Pfizer sembra avere una sorta di “scadenza”: dopo sei mesi dalla seconda dose, la sua efficacia scende dal 96% all’84% (anche se resta alta la difesa dalle forme gravi di malattia). Colpa della variante Delta, dicono. Per questo sia gli Stati Uniti che Israele lavorano per i richiami: un’altra iniezione pare poter aumentare nuovamente la protezione, ma ad oggi non esistono dati sufficienti per giustificare la terza dose nei più giovani. Il comitato scientifico consultivo dell’Fda ha analizzato i risultati di uno studio Pfizer con circa 300 persone tra i 18 e i 55 anni che hanno già ricevuto la terza dose e ne hanno dedotto che forse è il caso di aspettare: a preoccupare sono soprattutto le miocarditi, quelle infiammazioni del muscolo cardiaco osservate in particolare nei maschi tra i 16 e i 17 anni. “Non è chiaro che tutti abbiano bisogno del rinforzo, tranne una sottocategoria di popolazione che chiaramente sarebbe ad alto rischio di una grave malattia”, ha detto Michael G. Kurilla, membro del comitato e dirigente del National Institutes of Health (Nih).
Doccia fredda per Biden
In fondo nel mondo scientifico internazionale (un po’ meno in quello italiano), il dibattito sull’utilità e la sicurezza della terza dose è serrato. Anthony Fauci si è sempre detto favorevole ai richiami, mentre altri suoi illustri colleghi, tra cui due ex scienziati dell’Fda autori di un articolo scientifico, ritengono che non vi siano prove credibili a sostegno del “booster” per tutta la popolazione. Appesa al filo dell’incertezza c’è anche la credibilità politica di Joe Biden: il presidente Usa aveva annunciato un mese fa il piano per avviare la terza dose il 20 settembre, previa decisione dell’Fda e del Cdc. Le due agenzie avevano già frenato gli entusiasmi, chiedendo più tempo e restringendo l’analisi al solo vaccino Pfizer. Ma ora lo stop del comitato scientifico rischia di costringere Biden alla marcia indietro. L’attesa è tutta per la decisione finale che prenderanno l’Fda e il Cdc: autorizzeranno la terza iniezione solo per gli over 65, e per le persone a rischio, come appare probabile, oppure daranno il via libera per tutti ignorando l’allarme sulle miocarditi? Qualora arrivasse l’ok indiscriminato, infatti, il voto degli esperti arrivato ieri peserebbe comunque come un macigno sulla credibilità dell’operazione. E legittimi i dubbi, anziché diminuire, non farebbero che aumentare.