Economia

Gli interrogativi su Fineco, la banca che guardava al futuro

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In questi giorni in molti, più sui media che sul mercato, si sono interrogati sul futuro di un pezzo del risparmio italiano, che potrebbe andare all’estero. Tutto nasce dal fatto che il numero uno di Unicredit ha «liberato» la sua ormai ex controllata Fineco.

Oggi è di fatto una public company, con Unicredit ancora al 18%, ma, se i comportamenti del passato insegnano qualcosa, è una quota destinata a ridursi ancora. Nelle ultime settimane la banca online ha perso un quinto della sua capitalizzazione. E c’è da dire che forse questa ipotesi speculativa (brutti e cattivi stranieri che potrebbero comprarsela) ha fatto sì che le cose, in Borsa, non andassero anche peggio.

Sia chiaro Alessandro Foti, l’uomo forte di Fineco, è un superbanchiere. Forse non uno dei più appariscenti, ma uno dei rari casi di manager visionari, che ha saputo capire dove andava l’industria bancaria prima di molti e ha permesso alla sua creatura di resistere a cambi di azionista e a rovesci di mercato. Quando ancora le banche tradizionali si strappavano sportelli fisici a decine di milioni di euro, Foti investiva in conti online, la cui efficienza è straordinaria. Quando le banche tradizionali entrarono nell’online, Foti azzera i costi dei suoi numerosi correntisti. Quando le banche vi davano faticose tesserine e aggeggi vari per entrare sul conto, Foti aveva già previsto un sistema di sicurezza semplicissimo. Non vogliamo esagerare ma Fineco ha rappresentato per il sistema bancario un esempio da imitare, è come quando il sistema operativo del Mac inventò le icone, mentre Windows obbligava ancora a digitare i comandi del Dos.

Insomma Fineco resta una grande banca. Il problema è che anche il suo prezzo di Borsa, la sua capitalizzazione, è grande. E tra poco cercheremo di spiegare perché senza Unicredit questo valore risulta più difficilmente sostenibile.

Fineco è stata collocata da quel genio degli affari di Mustier (che evidentemente non dimentica le sue abilità da investment banker) a un prezzo di circa venti volte l’utile. Per darvi un’idea un po’ grezza, ci rendiamo conto, Fineco valeva 1,5 miliardi in più del suo competitor Mediolanum, ma fa il trenta per cento degli utili in meno. Come sia possibile è presto detto. Fineco ha sempre goduto di una grande rendita: in pancia 8,7 miliardi di euro di obbligazioni di quella che era la sua controllante e cioè Unicredit. Con un rendimento medio del 2 per cento. Mal contati sono 170 milioni di rendimento all’anno su un margine di interesse di 280 milioni. Se poi scendiamo di una linea e andiamo all’utile netto, pari a 240 milioni, ci rendiamo conto che questo pacchetto di obbligazioni hanno un grande peso sui risultati della banca.

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