Economia

Gli interrogativi su Fineco, la banca che guardava al futuro - Seconda parte

Il punto è che ciò è destinato a finire. Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, dal momento che Fineco non è più controllata da Unicredit, questa massa di obbligazioni non sarà più sterilizzata dalle regole della Vigilanza. Mi spiego meglio. Oggi questi 8,7 miliardi sono come scomputati dai 26,4 miliardi di attivo della banca: non assorbono capitale, non entrano nei ratio sui rischi di eccessiva concentrazione. Esattamente come i circa nove miliardi di titoli governativi, che ha in portafoglio. Se oggi Fineco, dovesse comprare un bond di Intesa o di Enel o Eni, prenderebbe sì un buon rendimento, ma a fronte di quell’investimento dovrebbe assegnare una porzione del proprio capitale, e dunque il rendimento del bond dovrebbe essere depurato dal costo del capitale assegnato. Un po’ come fa con i circa tre miliardi di prestiti alla clientela. Insomma questi bond dell’Unicredit sono una pacchia, che liberi dal giogo di Mustier, è però destinata a finire. Ovviamente gli uomini di Foti lo sanno bene e hanno avvertito: li sostituiremo con titoli di Stato europei. Bene, anche i titoli pubblici non assorbono capitale. Ma un loro basket con durata sette anni (quelli Unicredit in media scompariranno entro il 2024) non rende più dello 0,6 per cento.

Arriviamo ai nostri utili. Per mantenerli in termini assoluti, Fineco dovrà almeno raddoppiare la quantità di Btp europei da mettersi nel portafoglio. Brutta storia. Il rischio interessi diventa altissimo per gli azionisti di Foti. Fino ad oggi Unicredit, per loro, era come un prestatore di ultima istanza, garantiva un buon rendimento e una certa stabilità. Da domani si viaggia in mare aperto. Ma quello che sembra chiaro è che sarà in prospettiva più difficile portarsi a casa gli utili di oggi; incrementarli sembra una mission impossibile.

Anche se Foti nel passato ci ha stupito. L’efficienza della sua banca è proverbiale, ma la finanza è una brutta bestia. In bocca al lupo alla prima vera fintech italiana, nata quando la gente firmava ancora gli assegni.

Nicola Porro, Il Giornale 11 maggio 2019

 

ERRORI, RETTIFICHE E PRECISAZIONI

DA FINECO RICEVO E PUBBLICO:

Ciao Nicola,
in riferimento alla tua “Zuppa di Porro”, pubblicata sabato, come ti ho anticipato, ci sono alcune affermazioni che potrebbero essere fuorvianti e suscettibili di arrecare un danno ai nostri azionisti. Nello specifico, ci riferiamo a questo passaggio:

“Il punto è che ciò è destinato a finire. Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, dal momento che Fineco non è più controllata da UniCredit questa massa di obbligazioni non sarà più sterilizzata dalle regole della Vigilanza….”

Tali affermazioni rappresentano disinformazione al mercato, in quanto i dettagli dell’operazione sono stati  spiegati con chiarezza nel comunicato stampa congiunto, diffuso martedì 7 maggio (che allego). Di seguito le precisazioni in merito:

I titoli Unicredit restano nel portafoglio di Fineco e continueranno, fino alla loro naturale scadenza, a non assorbire capitale e resteranno esclusi dal limite di concentrazione.
Tutto questo grazie al contratto di collateral che è stato stipulato fra Unicredit e Fineco, attraverso il quale Unicredit mette a pegno a favore di Fineco titoli che devono rispettare in ogni momento le condizioni previste dal CRR 575/2013 per l’ammissibilità ai fini della mitigazione del rischio di credito. Fineco si trova pertanto in una situazione nella quale ha un de-risking dell’attivo rispetto a prima, in quanto il rischio Unicredit è garantito da altra carta di primaria qualità.

Paola Spolini

Identity & Communications

FinecoBank

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