Matteo Renzi sa benissimo sbagliare da solo, e dunque non ha certo bisogno di consigli al riguardo. Ma, se è lecito esprimere un’opinione lealmente e limpidamente critica rispetto al senatore di Scandicci, il suo problema non è più politico (con i sondaggi avarissimi per Italia Viva: anzi, Italia Vivacchia, come l’ha magistralmente ribattezzata Stefano Folli) e nemmeno giudiziario (chi è garantista non può mai esultare per faccende di questo tipo, per quanto vi siano diversi aspetti per lo meno da chiarire in termini di opportunità).
No: il problema di Renzi è di fiducia. Non gli crede più nessuno (o quasi). Possibile che non abbia un amico, un agente, un consigliere, capace di dirgli in faccia questa cosa semplice? Caro Matteo, anche se vai in tv a recitare l’Ave Maria, la stragrande maggioranza di quelli che sono in ascolto non ti credono. Di più: neanche il tempo di arrivare a “piena di grazia”, e già molti telespettatori pensano che tu li stia fregando.
Succede a quelli che credono di padroneggiare i meccanismi della comunicazione, ma dimenticano un solo “dettaglio”: il fattore umano. E in particolare l’attitudine del telespettatore, davanti al mare di stimoli e informazioni che riceve, a proteggersi attraverso uno scudo essenziale: mi fido o non mi fido? Ecco, la sensazione è che di Renzi i telespettatori non si fidino più, qualunque cosa proponga.
Da questo punto di vista, sono proprio i sondaggi di Italia Viva a dover essere studiati come una case history: il 4-5% di cui Renzi è accreditato non arriva dopo una stagione di oscuramento televisivo di Renzi, ma – al contrario – dopo un trimestre di enorme esposizione mediatica. Gli italiani – dunque – non sono disposti a votarlo non perché non l’abbiano potuto ascoltare, o perché l’abbiano perso di vista: ma proprio perché l’hanno ascoltato a lungo.
Caro Renzi, nell’era dell’emozione mediatica, dell’emotività come fattore decisivo della comunicazione, puoi far dimenticare una notizia, un evento specifico, ma non il sentimento che susciti. Hai tatuato addosso l’”Enrico stai sereno” (mentre preparavi lo sgambetto), il “lascerò la politica se perderò il referendum” (mentre sei ancora lì).
Occorrerebbe molto tempo, e un radicale cambiamento di vita (quello che il senatore di Scandicci aveva promesso a inizio legislatura, salvo proseguire imperterrito sulla strada di sempre) per potersi riproporre in una veste diversa, e nuovamente credibile. Invece confidare nell’”auto-ostensione”, nella continua riproposizione della solita maschera, nell’eterno ritorno del sempre uguale, potrà solo peggiorare la situazione.
Daniele Capezzone, 2 dicembre 2019