Personalmente, e non credo di essere solo su questo tema, ritengo che la moneta unica e la creazione di un grande mercato interno abbia giovato ai Paesi dell’Unione europea. Tutto ciò, ovviamente, al netto dell’evidente eccesso di burocrazia che, quasi inevitabilmente, i suoi pletorici organismi hanno generato e continuano a generare senza soluzione di continuità.
Detto questo, l’idea di una integrazione di stampo federale, sul modello statunitense, che in questi giorni di grande confusione, i tanti acritici europeisti rilanciano con grande energia mi risulta del tutto irrealizzabile. Mentre gli Stati Uniti, pur coagulando sin dall’inizio un coacervo di culture diverse – sebbene, come scrisse Prezzolini nel suo eccellente Manifesto dei Conservatori, fu la maggioranza wasp (acronimo di white anglo-saxon protestant), a gettare le solide fondamenta di un evoluto sistema federale – nacquero con una lingua comune e senza particolari retaggi storici, con l’unico obiettivo di colonizzare un territorio immenso, ricco di risorse, offrendo a tutti, almeno sulla carta, le medesime opportunità di partenza. Ciò, contrariamente alle storiche incrostazioni del Vecchio Continente, fondato su una struttura verticale delle sue società, ha creato una articolazione orizzontale dei medesimi rapporti sociali, determinando l’impressionante sviluppo economico e tecnologico che già ai primi del novecento ponevano gli Usa al primo posto nel mondo.
Ora, sebbene molta acqua sia passata sotto i ponti, l’Europa è formata da una enorme varietà di culture, di lingue, di tradizioni, di sensibilità spesso molto distanti e di interessi, legati alle singole specificità dagli Stati che la compongono, spesso profondamente discordanti.
In questo senso pensare di creare una unità politica, che dovrebbe implicare necessariamente un potere federale unico, che includa in uno stesso sistema grandi, medi e piccoli Paesi, immaginando di trovare sempre una ragionevole composizione degli inevitabili conflitti interni appare, solo a pensarci, più che una utopia.
Tanto per fare un esempio estremamente attuale, chi dovrebbe comandare il tanto decantato esercito comune europeo? Si deciderà attraverso una libera e estremamente confusa elezione a 27, oppure il nome del generalissimo e del suo inevitabilmente pletorico stato maggiore verrà estratto a sorte?
Per dirla tutta, ancora oggi l’Italia, dopo oltre 160 anni di tentativi e di ingenti investimenti pubblici, sembra ancora lontana da una soddisfacente integrazione socio-economica tra le grandi macro-regioni che la compongono, e non vedo come sia possibile realizzare lo stesso obiettivo all’interno di una moltitudine di realtà nazionali che, essendo profondamente diverse, per i fautori dell’integrazione politica sarebbero accomunati da un Manifesto politico elaborato nel 1941 da due illustri intellettuali, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, mentre si trovavano confinati nell’isola di Ventotene. Francamente mi sembra un po’ poco su cui basare una così imponente architettura federale.
Claudio Romiti, 19 marzo 2025
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