Sui numeri relativi a tutto ciò che ha un riflesso sulla politica dei dazi statunitense sembra di essere tornati ai “fasti” del Covid-19, quando si faceva a gara a sparare cifre e previsioni catastrofiche realizzate col lancio dei dadi.
Ebbene, ascoltando sabato mattina un dibattito su La7, nel corso di Omnibus, mi ha colpito la capacità con cui tutti i presenti, conduttore compreso, hanno avvalorato una balla colossale emersa durante la surreale discussione.
In particolare, in merito al tormentone del momento, è stato più volte detto che la Cina, la quale secondo gli astanti ha “in pancia la maggioranza del debito pubblico americano”, minacciando di venderlo copiosamente, provocandone il crollo dei relativi titoli sui mercati, avrebbe convinto Trump ad allentare la sua offensiva commerciale.
Ora, a prescindere da ciò che ha realmente spinto il capo della Casa Bianca ad una parziale tregua con il resto del mondo – ma non con la Cina, visto che le tariffe doganali a suo carico sono state addirittura inasprite al 145% – , i numeri ci raccontano una storia ben diversa rispetto a quanto sostenuto unanimemente su La7.
Infatti, come riporta una dettagliata classifica pubblicata sul Sole24Ore, attualmente il debito nazionale Usa ammonta a 36.218,6 miliardi di dollari. Ebbene solo 8.512,8 miliardi sono in mano a investitori esteri, ovvero circa il 24%. Ebbene, il Paese al primo posto tra i detentori di Treasury bonds c’è il Giappone con 1.059,8 miliardi, il 2,93%. La Cina si trova al secondo posto con 759 miliardi, che rappresentano solo il 2,10%, francamente non molto per provocare un collasso globale delle quotazioni.
D’altro canto, modificando parzialmente un famoso motto del nostro grande Luigi Einaudi, la nostra informazione dovrebbe prima conoscere per poi divulgare.
Claudio Romiti, 12 aprile 2025
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