Esteri

La guerra in Ucraina

“Gli Usa negano i droni a Kiev”: dopo Kherson, spiragli di trattativa

Esteri

Ormai è ufficiale: i russi hanno annunciato la ritirata dalla città di Kherson, uno dei primi territori occupati da Mosca dall’inizio dell’invasione, e finita da settimane nel mirino della controffensiva degli ucraini. La regione omonima risulta essere strategicamente importante sia per l’invaso che per l’invasore. Da una parte, all’esercito del Cremlino era garantito il controllo dell’unica porzione territoriale collegata direttamente alla Crimea. Dall’altra, Kherson rappresenta la principale riserva di acquedotti della penisola. E non è un caso che gli ucraini, dopo l’occupazione russa del 2014, decisero di bloccare tutte le forniture di acqua potabile destinate alla Crimea, per poi essere riattivate quest’anno, dopo la sua conquista da parte di Mosca.

Gli esiti della ritirata

Le truppe russe andranno a stabilirsi lungo il fiume Dnepr, per difendere altre postazioni che, nelle scorse settimane, sono state oggetto di cruente battaglie. Fra tutte, ricordiamo la città di Melitopol, Mariupol e la regione di Zaporizhzhia con la sua centrale nucleare. Insomma, l’avanzata delle forze di resistenza sta ottenendo un successo inaspettato, obbligando i russi ad un lenta ritirata anche da nord, dove i militari di Kiev stanno mettendo forti pressioni nei pressi di Kharkiv, snodo cruciale per poi dirigersi verso la liberazione della regione del Donbass.

Intanto, solo nell’ultimo giorno, le forze armate del governo Zelensky hanno riconquistato dodici insediamenti, come affermato dal capo dell’esercito Valery Zalhuzhny; a cui si affianca la riconquista della città di Snihurivka, nella regione di Mykolaiv, a nord di Kherson, controllata dalle forze russe dallo scorso marzo.

La reazione di Kiev

Nonostante le buone notizie, però, i vertici di Kiev sembrano rimanere restii circa l’abbandono russo della città di Kherson. Lo Stato Maggiore ucraino ha ribadito l’impossibilità di “negare né confermare le informazioni sul cosiddetto ritiro delle truppe russe da Kherson”; a cui si affiancano le parole dello stesso presidente Zelensky, il quale ha affermato come bisogni considerare “con molta attenzione” l’annuncio della Russia.

Una ritirata, quella di Mosca, che ha avuto riverberi anche a livello internazionale. Proprio nella conferenza stampa di ieri sera, per commentare gli esiti delle elezioni di midterm, Joe Biden ha invitato Kiev ad essere “pronta ad un compromesso” con Putin. E ancora: “Sul fronte del conflitto, non abbiamo mai dato a Kiev un assegno in bianco“, chiaro segnale di come, nei fatti, le regole del gioco siano dettate dagli Stati Uniti. A ciò, ricordiamo la linea di dialogo aperta, pochi giorni fa, tra il consigliere della sicurezza nazionale degli Usa, Jake Sullivan, e due collaboratori di Vladimir Putin, con l’obiettivo di “evitare la catastrofe nucleare”.

Ipotesi negoziato

Ma non finisce qui. Agli appelli per la trattativa si unisce anche il capo Stato maggiore Usa Milley: “Quando si crea un’opportunità di negoziare, quando è possibile conseguire la pace, l’opportunità va colta”, proprio perché “una vittoria militare completa di una delle due parti appare sempre più improbabile“.

Posizioni che si riflettono pure sui pacchetti militari da inviare all’Ucraina. Pochi giorni fa, era lo stesso Sullivan ad intimare l’Italia ad inviare nuovi sistemi missilistici di difesa aerea. Eppure, durante il corso della mattinata, è stata proprio Washington a porre dei paletti specifici sull’invio di mezzi militari. Secondo il Wall Street Journal, infatti, il Pentagono avrebbe rifiutato la richiesta dei droni Grey Eagle MQ-1C, giustificandola con il rischio che potrebbe aggravare il conflitto e segnalare a Mosca il presupposto di fornire armi in grado di prendere di mira il territorio russo.

Gli Usa cercano di agire con il bastone e la carota. Da una parte, non si preclude il sostegno alla resistenza ucraina; dall’altra, si tenta di porre fine ad un conflitto economicamente dispendioso, geopoliticamente infuocato ed alla porte del suo principale alleato: l’Europa. Adesso, la palla passa a Kiev: fino a quanto vorrà spingersi il governo Zelensky?

Matteo Milanesi, 10 novembre 2022