La guerra in Ucraina

“Gli Usa chiesero di annullare l’attacco”. Il mistero sul blitz ucraino

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Questa volta è il New York Times a sganciare la bomba: l’intervento della Casa Bianca è stato essenziale per impedire a Kiev di pianificare un attentato al capo di Stato maggiore delle forze armate russe, Valery Gerasimov. Una mediazione decisiva, proprio per non portare il conflitto ad ulteriori escalation, preoccupanti soprattutto per l’Occidente.

In tale ambito, infatti, l’Ucraina ha dimostrato più volte di essere in grado di colpire al cuore la Federazione russa. Si ricordi, per esempio, l’attentato portato a termine a Mosca, contro la figlia del predicatore nazionalista Dugin. Oppure, ancora, l’attacco al ponte di Crimea, che sospese per alcune ore il collegamento tra la penisola e il territorio russo.

Per approfondire:

Le ultime novità riguardano i tre affondi di Kiev direttamente all’interno della Federazione. Uno, addirittura, contro una base militare del Cremlino, a poche centinaia di chilometri dalla capitale del nemico. Insomma, l’obiettivo del governo Zelensky sarebbe quello di un utilizzo della “strategia della tensione”, fatta di tentativi di estendere il conflitto alle zone limitrofe dell’Ucraina, e “terrorizzare” i vertici del Cremlino, con veri e propri atti da 007.

Tornando al punto, però, “gli ufficiali americani avevano scoperto che il generale Valery Gerasimov stava progettando un viaggio in prima linea, ma nascosero l’informazione agli ucraini, preoccupati che un attentato alla sua vita potesse portare a una guerra tra Stati Uniti e Russia”. In ogni caso, scrive il New York Times, “gli ucraini vennero a conoscenza del viaggio. Dopo un dibattito, Washington fece il passo straordinario di chiedere all’Ucraina di annullare l’attacco“. Ma Kiev venne però a conoscenza della visita e decise di lanciare l’offensiva, nonostante la richiesta dell’amministrazione Biden di non farlo. “Decine di soldati russi furono uccisi in quell’occasione, ma Gerasimov non era uno di loro”.

Un mistero che si infittisce ancora di più, quello dei rapporti tra Stati Uniti ed Ucraina, soprattutto dopo le pressanti richieste di alcuni membri del Pentagono, tra cui il supergenerale Milley, di avanzare soluzioni diplomatiche alla Russia, compreso il riconoscimento di Crimea e Donbass.

Uno scenario delineato anche dall’ex segretario di Stato americano, Henry Kissinger, insieme ad un articolo del Wall Street Journal, a firma dell’ex primo ministro britannico, Boris Jonhson, in cui si invitava esplicitamente Kiev ad “porgere l’altro mano”, ovvero a porre condizioni di riconoscimento di quei territori che sono occupati dai russi dal 2014.

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