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Globalizzazione, una pacchia per pochi. Ma i liberali cosa dicono?

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Cari amici liberali, consentite una piccola provocazione che, a scanso di equivoci, proviene da un simpatizzante. Siete davvero sicuri che la mano invisibile del mercato sia la miglior soluzione dei problemi economici?

Un esempio. Di recente, è stata «liberalizzata» la proprietà delle farmacie. Ora possono essere acquistate da chiunque, non c’è bisogno che la società sia formata in prevalenza da farmacisti. Sui giornali, e sui social, voi avete cantato vittoria: finalmente un colpo alle corporazioni medievali. Va bene. A nessuno piacciono le corporazioni. Però sapete cosa è successo e succederà sempre più, nella realtà? I fondi di investimento si sono buttati sull’affare. In pochi mesi a Milano un fondo ha comprato una decina di farmacie. Significa che i piccoli investitori sono tagliati fuori in partenza. Per un farmacista, comprare una farmacia è un suicidio economico (salvo pochi casi). Non potrà mai spuntare sconti alla distribuzione pari a quelli ottenuti dalle grandi società. E non potrà competere anche nel campo delle promozioni riservate ai clienti. Chi possiede già una farmacia o si federa con altri colleghi o sparisce. Ma di fatto chi ha provato questa strada alla fine dovrà cedere o ha già ceduto (il disastro infatti è iniziato con la famosa lenzuolata di Bersani). Beh, ma che liberalizzazione è escludere in partenza i piccoli investitori?

Si potrebbero fare altri esempi, diversi. Prendiamo la categoria dei giornalisti. La corsa verso il basso dei compensi per pezzo è inarrestabile. Del resto si trova sempre chi è disposto a scrivere quasi gratis. Naturalmente il prodotto ne risente. Non è forse un settore da rivedere? Prendiamo la categoria dei raccoglitori stagionali. Farsi mettere in regola è sempre stato difficile. Ma oggi in alcune regioni i lavoratori stagionali sono immigrati che accettano un trattamento da schiavi. Ecco, il grande risultato dei paladini dell’immigrazione è stato questo: reintrodurre la schiavitù. Il che significa che i raccoglitori italiani (quasi sempre raccoglitrici) devono starsene a casa.

Altra domanda. La globalizzazione è un affare, dite voi, e inoltre garantisce la pace perché dove passano le merci non passano i carri armati. Ma sarebbe più corretto dire: la globalizzazione è un affare per alcuni grandi imprenditori e una condanna per i piccoli e i loro dipendenti. Da dove nasce altrimenti lo scontento dei gilet gialli? Fatto sta che l’Europa non sembra un Continente in pace con sé stesso e col resto del mondo. Forse non passano i cannoni, in compenso passano i terroristi. Anche il terrorismo è un frutto della globalizzazione. I jihadisti nascono con l’immigrazione di massa. Non è un caso che colpiscano dove le comunità musulmane sono più numerose. Pensate che l’immigrazione si possa fermare in punta di principio? Forse no. Globalizzazione e immigrazione vanno a braccetto. E perché poi limitare la libertà di movimento, che è sacra, almeno per alcuni di voi?

Queste macroscopiche contraddizioni meritano una risposta concreta. Non varrebbe la pena di elaborare una proposta economica che tenga conto del mercato (prezioso) senza demonizzare interventi correttivi? Perché qui la pacchia è davvero per pochi. Tutti gli altri si chiedono se avranno un futuro. Non stupitevi se i liberali non hanno successo in politica, sbagliano proprio dove dovrebbero essere imbattibili: non hanno niente da offrire al mercato se non un’altra ideologia.

Alessandro Gnocchi, 21 dicembre 2018