Scusate, capisco che sia un dettaglio nell’era Conte-Casalino, l’era del cazzeggio tra Facebook e Villa Phampili elevato ad arte di governo, ma io gradirei sapere se vivo ancora in una democrazia liberale o no, e scommetto di non essere il solo.
A quasi ventiquattr’ore dallo scoop di Quarta Repubblica e del Riformista, niente niente le affermazioni di uno dei giudici che condannò Silvio Berlusconi per il processo Mediaset secondo cui la sentenza fu pilotata “dall’alto”, una vera e propria “porcheria”, i siti dei giornaloni non possono più andare avanti a fischiettare, sono costretti a dare la notizia (per una volta, termine non abusato). Ma il titolo copia&incollato dalla Redazione Unica Politicamente Corretta suona “destra all’attacco”, “levata di scudi di Forza Italia”, “Forza Italia vuole una commissione d’inchiesta”…
No, scusate, le reazioni del caso sono prevedibili e se permettete pure parecchio fondate, vista l’enormità della no-ti-zia, ma oggi la parola che dovrebbe campeggiare ovunque è anzitutto una: golpe. C’è stato o no un golpe in Italia, in teoria uno Stato di diritto ancorato nel mondo occidentale, l’1 agosto 2013? Viviamo sotto un golpe da sette anni (perché è fin banale notare che quella sentenza cambiò la morfologia del panorama politico e la stessa storia del Paese)? La democrazia liberale è sospesa oggi nella penisola, un flatus vocis, un involucro formale dentro cui una banda (nel caso, da intendere proprio in senso tecnico) di magistrati ha orchestrato un colpo di Stato degno del Venezuela, dell’Iran, della Corea del Nord?
Perdipiù con quella terribile allusione, “vicenda guidata dall’alto”, e riferito alla corporazione in toga quell’ “alto” è fin troppo chiaro nella sua apparente indefinitezza, per cui la domanda diventerebbe addirittura: ci sono poteri dello Stato, perfino ai massimi livelli, che si sono rivoltati contro le regole fondative dello Stato stesso, a partire da quella Costituzione tanto sbandierata nella retorica, per eliminare un nemico politico? Vige lo stalinismo oggi, in Italia, per quanto ripulito e incistato nei gangli rispettabili della Repubblica?
Sì o no, non ci sono terze vie, risposte mediane, divagazioni giornalistiche che possano sfuggire dall’aut-aut. Né ci si può arrestare davanti al bivio, nessuna democrazia liberale può convivere anche solo con il dubbio che il suo corso sia stato alterato, e la sua essenza snaturata in un regime mascherato, dove il potere giudiziario diventa strumento per fare carne di porco della dialettica politica, con tanti saluti al barone di Montesquieu. La Corte di Cassazione ridotta a “plotone d’esecuzione”, come dice anni dopo il magistrato Amedeo Franco a lui, al fucilato, per “sgravarsi la coscienza”. Viviamo in un Paese così, dove il leader di uno schieramento politico avverso “deve essere condannato a priori perché è un mascalzone”?
Siamo ancora una democrazia liberale, oppure ogni cittadino rischia di finire davanti al “plotone d’esecuzione” per le proprie idee? Per i magistrati italiani, o alcuni di essi, si può essere “condannati a priori”, indipendentemente da prove, riscontri fattuali, singole responsabilità accertate? Esercitare il diritto di voto, qualificante in democrazia, è inutile?
Mi, vi, ci devono una risposta. E se golpe è stato, i golpisti devono essere messi alla sbarra. Altrimenti, chiediamo a Maduro di essere annessi al paradiso comunista caraibico, e facciamola finita.
Giovanni Sallusti, 30 giugno 2020