Il patto di ferro fra M5 Stelle e Lega, dopo aver messo sulla graticola il Quirinale, spaccato il centrodestra e la base grillina, messo in subbuglio l’Europa, ha partorito soltanto un piccolo esecutivo di burro. Il governo del cambiamento non è altro che un’accozzaglia di modesti tecnici, ministri alle prime armi e due leader, Salvini e Di Maio, che si sono contraddetti mille volte e che ora si troveranno di fronte problemi enormi, a cominciare dall’immigrazione e il lavoro. Il primo alle prese con gli sbarchi, il secondo con i tavoli di crisi aziendali e le casse integrazione.
Resta poi l’incognita di un Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che dimostra un coraggio che sfiora l’incoscienza ma che affronterà questa prova, come dicono i suoi amici, spinto da una volontà e una puntigliosità che mai gli sono mancati nella lunga carriera accademica e nelle biblioteche degli atenei più prestigiosi del mondo.
Ma ripartiamo dal Colle più alto per vedere il film di questa crisi che ha trasformato il Quirinale nella casa del Grande Fratello, con Presidenti del Consiglio incaricati e non, che entravano ed uscivano da porte secondarie, per non menzionare Giggino Di Maio che sputava fiele contro Mattarella per poi candidamente correre a chiedere scusa. Una gestione della crisi da parte del Capo dello Stato ondivaga, tra l’arrendevolezza più assoluta, facendosi imporre il nome di un Premier, alla intransigenza più incredibile sulla presenza di Paolo Savona al Mef. Savona che ora rientra dalle finestre del Ministero degli Affari Europei. Alla Farnesina poi, arriva addirittura l’uomo ombra di Mario Monti, Enzo Moavero Milanesi.
E se Moavero è l’uomo ombra di Monti, il premier più odiato dalla Lega, il professor Giovanni Tria, un arzillo settantenne, è stato l’uomo ombra di Renatino Brunetta, insieme al quale ha scritto decine di articoli critici sulla Germania e sull’euro. Nel 2017, con il suo mentore, faceva notare che il surplus commerciale tedesco è la causa del fallimento dell’Ue e della moneta unica, confermando la sua vicinanza alle posizioni del vituperato Savona. L’ufficio studi del Quirinale forse non li avrà in archivio. Così come non ha avuto tempo nemmeno di approfondire le posizioni grilline No-Tav, No-Tap e No-Ilva che si tradurranno in un allontanamento dall’Europa e in decine di migliaia di disoccupati. Per non parlare del pacchetto giustizia all’insegna dello slogan ‘non ci sono innocenti ma solo colpevoli da stanare’.
Ormai con i mercati finanziari impazziti e il mondo attonito che segue la telenovela italiana, Mattarella dopo il “pizzino” sui governi del Presidente ed elezioni anticipate, voleva solo avallare un accordo politico tra Lega e 5 Stelle. La domanda che si pone ora, è quanto può durare un governo così fragile, con una maggioranza così risicata, soprattutto al Senato.
C’è chi dice che Salvini troverà comunque il modo di far saltare tutto quanto prima per andare a votare e raccogliere attorno a sé le spoglie di Forza Italia, mentre Di Maio dovrà farlo resistere il più possibile perché sa che la sua leadership non solo traballa davanti a Beppe Grillo, ma soprattutto con la base, sconcertata da questa smania di potere.
Il centrodestra esce a pezzi con l’immagine davvero appannata di Giorgia Meloni che da donna dura e pura ha tentato in tutti i modi di entrare al governo come Ministro della Difesa, dove forse avrebbe potuto dirottare Guido Crosetto che quel mondo conosce e che ha già detto di voler lasciare il Parlamento. Berlusconi ed i suoi cari non pervenuti. Così come Renzi che si trova nei ministeri chiave degli Esteri e dell’Economia due dei suoi più acerrimi nemici che aveva rottamato.
Luigi Bisignani, Il Tempo 1 giugno 2018