Con la ripartenza o il debutto delle principali trasmissioni tv di approfondimento (a proposito: in bocca a lupo a Nicola Porro per la sua Quarta Repubblica che parte stasera sulla nuova Rete 4!), è ormai ufficiale il kick-off della nuova stagione politica.
Come in un Gran Premio di Formula 1, la griglia di partenza è ben definita, e direi cristallizzata dai sondaggi delle ultime settimane: Salvini in pole position, i Cinquestelle dietro di lui (in leggero naffanno rispetto al 4 marzo ma pur sempre con numeri importantissimi), un tasso di approvazione verso il governo ancora largamente maggioritario, mentre le opposizioni appaiono in forte difficoltà.
Senza entusiasmi (da parte degli uni) e senza depressioni (da parte degli altri), sarebbe l’ora di adottare su entrambi i fronti un approccio razionale, pragmatico, corrispondente alle due diverse missioni che l’opinione pubblica ha affidato a ciascuno.
Se è possibile offrire da qui piccoli suggerimenti (non richiesti ma amichevoli), le opposizioni farebbero bene a non cercare una polemichetta al giorno, in modo isterico e in ultima analisi controproducente. Buona parte del consenso verso il Governo deriva infatti proprio dal persistente giudizio negativo degli elettori verso il Pd e la sinistra. Se tutte le sere, nei tg e negli approfondimenti, rivedrete le stesse facce che erano al potere qualche mese fa, impegnate a dire che loro sarebbero quelli “competenti” e gli altri tutti “analfabeti”, questa sarà nuova benzina del motore di Lega e Cinquestelle, capace di oscurare perfino le non poche incertezze della concreta azione di governo. E non sarà certo il surreale dibattito sul cambio del nome o sullo scioglimento del Pd a migliorare le cose, se i protagonisti rimarranno gli stessi.
Con il medesimo spirito sereno e “laico”, un suggerimento pure per il Governo. Il successo della linea sull’immigrazione è palese: ma, con l’avvicinarsi dell’inverno, gli sbarchi necessariamente finiranno per le condizioni del mare, e per 7-8 mesi il tema sparirà dall’agenda. Morale: occorrono misure vere in economia. In termini di tattica (o di tatticismo deteriore), l’Esecutivo potrebbe perfino decidere una finanziaria superlight: per tenere insieme la maggioranza, per non irritare il ministro Tria, per evitare scontri con una Commissione Ue al capolinea (che dopo le europee di maggio 19 non ci sarà più). Contando – questo il retropensiero – sull’incapacità dell’opposizione di essere “sfidante”.
Ma sarebbe un errore. Guai (i segnali ci sono) se la crescita dovesse ulteriormente rattrappirsi, e se la domanda interna e i consumi continuassero a essere così anemici. Serve – da qui lo diciamo inascoltati da troppo tempo – uno “shock fiscale”, una frustata, concentrando tutte le risorse sui tagli di tasse, cercando di riprodurre – sia pure entro i nostri limiti – gli effetti che la Trumpnomics e il megataglio di tasse deciso da Trump ha prodotto sull’economia americana.
L’annunciato intervento sulle partite Iva (alzando fino ai 65mila euro di fatturato annuo la fascia di inclusione nell’aliquota più bassa del 15%) va nella direzione giusta, ma è ancora poco. Guai se metà delle risorse verranno bruciate per il reddito di cittadinanza o per altre misure di assistenza e spreco. Guai se si andrà avanti con l’idea delle chiusure domenicali dei negozi, dopo i danni già prodotti dal cosiddetto decreto dignità. Serve invece una svolta anti-tasse, e una chiara accelerazione pro crescita. La sfida è tutta qui. Il Governo sarà all’altezza?
Daniele Capezzone, 17 settembre 2018