Solo tre anni fa, nessuno si sarebbe mai immaginato che sul nome per la casella di Ministro della Salute si sarebbe arrivati a trattative così lunghe. Una volta il dicastero di via Lungotevere Ripa 1 era considerato se non proprio di serie B, di certo uno da affidare ad una delle forze minoritarie di maggioranza: per quanto importante per la vita delle persone, gran parte delle politiche sanitarie sono in capo alle Regioni su cui il ministero può al più vigilare. Non è un caso se in occasione del Conte II a quel ministero sia finito uno come Roberto Speranza, zero esperienza in merito e capo di un partito dallo “zerovirgola”. Oggi è tutto cambiato: con la pandemia, le polemiche sui vaccini, i green pass e via dicendo, piazzare in quel posto un uomo di fiducia e di equilibrio conta. Eccome se conta.
Ieri sera a Quarta Repubblica, Matteo Salvini non si è sbilanciato su chi ricoprirà quel ruolo. Si è solo augurato che il dicastero torni ad occuparsi della salute a tutto tondo e non solo del Covid. Di nomi ne sono circolati a bizzeffe, da quello di Guido Rasi a Guido Bertolaso, arrivando all’ipotesi Licia Ronzulli, motivo dello scontro tra Forza Italia e Fratelli d’Italia poi consumatosi al Senato in occasione dell’elezione di Ignazio La Russa. Come rivelato ieri da Nicola Porro nella Zuppa Pomeridiana, ora l’identikit del centrodestra sembra puntare su un tecnico di area, rettore di una università. Di chi si parla? Si tratta di Orazio Schillaci, rettore dell’Ateneo Tor Vergata di Roma, docente di medicina nucleare e a lungo preside di facoltà a Medicina e Chirurgia. È già stato nel comitato scientifico dell’Istituto Superiore di Sanità ed è il profilo che sarebbe gradito a Fratelli d’Italia.
Nulla, ovviamente, è ancora scritto. Il motivo? Tutto deve ancora passare dalle mani di Sergio Mattarella, il capo dello Stato che il Parlamento a gennaio il centrodestra si è trovato a “rivotare” obtorto collo. Nelle prossime ore, probabilmente durante il Consiglio Europeo del 20 ottobre, il Presidente convocherà i gruppi parlamentari per un giro di consultazioni. Poi, al rientro di Mario Draghi, dovrebbe arrivare l’incarico a Giorgia Meloni e quindi la nomina dei ministri. Visto come sono andate le ultime volte, basti pensare a Paolo Savona bocciato dal Quirinale, nessuna lista di ministri può dirsi completa prima di essere passata al vaio del Colle non più semplice notabile. Può apparire strano, ma ormai funziona così.