È come se all’improvviso si fosse rotto un incantesimo. Sapevamo che il sentimento comune degli italiani batteva in maggioranza a destra, ma è come se, almeno da dieci anni a questa parte, tutto cospirasse a che la destra politica non assumesse mai il pieno potere. E quando, dopo il 25 settembre, finalmente tutte le porte sembravano spianate, divisioni e lotte interne ai vincitori, sapientemente montate o cavalcate dalla sinistra dei giornali e del deep state, ci avevano per un momento fatto temere il peggio.
Se se ne è usciti e ci si è fatti trovare prontissimi alle consultazioni e alla successiva nomina del Capo dello Stato, lo si deve in primo luogo alla capacità di leadership dimostrata sul campo da Giorgia Meloni. Gliene va dato atto! La quale ha saputo fare di necessità virtù, convertendo l’improvvida uscita del Cavaliere sulla guerra di Ucraina nell’opportunità di decidere in perfetta autonomia i nomi dei componenti del suo governo. E facendolo, fra l’altro, con giustizia e misura anche nei confronti degli alleati.
In particolare, alla Lega di Matteo Salvini sono stati assegnati ministeri non solo di peso, ma anche tali da esaltarne quella vocazione alla fattività e alla concretezza che è nel suo dna. Inutile dire che chi ne esce sconfitta è la sinistra, la quale è essa sì divisa e letteralmente allo sbando. Una sconfitta che è politica e culturale insieme, ma di cui sarà bene però non fidarsi troppo: sia perché i tentacoli della piovra sinistra nel deep state e nella comunicazione sono notevoli, sia perché alla destra non sarà perdonato il minimo errore. La sconfitta della sinistra è ancora più cocente perché questo non ha l’intenzione di essere minimamente un governo che abbia timore reverenziale o paura di apparire per quello che è, cioè con la propria identità. Un governo che non rinuncia per accreditarsi alla sua natura di destra e non vuole piacere per forza ai suoi avversari (vedi anche i nomi nuovi e identitari dati a molti ministeri).
Anche se il primo problema da affrontare sarà ora quello dell’incipiente crisi economica, il successo di Meloni e alleati si vedrà già dai primi passi. Anche se poi il vero obiettivo è collocato sulla lunga distanza. E starà nella capacità di scalfire una egemonia pluridecennale della sinistra che è culturale prima ancora che politica, di rifondare su basi più solide e meno improvvisate una destra che deve essere liberale e conservatrice insieme, di ridisegnare con ciò stesso un sistema politico che è stato fino ad oggi contrassegnato dalla delegittimazione morale dell’avversario e da un “fascismo” strisciante che si è dato il nome di antifascismo.
Gli italiani hanno dimostrato che la retorica dei diritti ha le armi spuntate, soprattutto se essa serve per zittire le opinioni divergenti e favorire gli interessi di pochi. Che a fronte di tanto parlare di femminismo e genere, la prima donna presidente del consiglio in Italia sia di destra, non sia stata cooptata da nessuno e non sia il risultato di nessuna quota, deve ferire non poco la supponenza e l’arroganza della sinistra. La quale sarebbe opportuno che ora lasciassimo ai suoi destini, a rosicare e a riflettere (ammesso e non concesso che ne sia capace). Da domani dobbiamo concentrarci su noi stessi: dobbiamo dimostrare di essere all’altezza di quel che abbiamo voluto essere e ora siamo. Senza distrarci.
Corrado Ocone, 22 ottobre 2022