Questo è l’ultimo divertissement prima della decisione di Sergio Mattarella. La crisi ormai è risolta: habemus papam. Manca ancora il nome del podestà forestiero che il presidente Sergio Mattarella ha di certo già “attenzionato”, e sta lavorando per convincerlo ad accettare, nel supremo interesse della Patria. È un nome di alto profilo, bla, bla, bla. Bruxelles, sondata con discrezione, ha apprezzato, Mario Draghi pare abbia accennato a un sorriso, Christine Lagarde si è riposizionato il foulard e ha assentito, pare divertita, Emmanuel Macron gli ha inviato (com’è veloce quest’uomo!) una mail invitandolo all’Eliseo, entro la fine di aprile (ultimo mese con la erre) per mangiare il miglior “Plateau royal des coquillages” di Francia e bere champagne millesimato (una volgarità, con le ostriche si beve solo Muscadet da 12 €).
Il Presidente è stato aiutato dalla “guerra delle tre ore” che ha dato a Silvio Berlusconi la possibilità di “rompere” (sulla politica estera) con Matteo Salvini e con Giorgia Meloni. E tradire. Berlusconi, rivistosi il film della sceneggiata al Quirinale (siamo al top della volgarità istituzionale, oltre c’è solo Alberto Tejero Molina, ma lì c’era la giustificazione di un golpe, seppur con costumi da operetta) ha capito che doveva ricuperare il ruolo di leadership che aveva sempre avuto e perso per colpa di un giovane buzzurro padano. Apro una parentesi. Come studioso delle “dinamiche delle leadership” confermo che, in certi casi, molto rari, il leader pur di mantenere quello che noi chiamiamo “scettro” preferisce al ruolo di “patriarca-fondatore” o al più classico “oblio” (insuperato il ritiro silente a Colombey-les-deux-Eglise di Charles de Gaulle), diventare il leader dei Butler di regime. Il titolo per lui è tutto. Chiudo la parentesi).
La soluzione della crisi è ora tutta in discesa, l’incarico di esploratore verrà dato o a Maria Elisabetta Alberti Casellati (berlusconiana di ferro) o a Roberto Fico (il Che grillino) porterà alla creazione di quel Partito dell’Establishment (PdE) che va oltre il Partito della Nazione (PdN), di cui da tempo scrivo: cioè un governo con “tutti dentro salvo Salvini”.
Questo permetterà a Matteo Renzi di salvare la parte destra della sua faccia, a Pietro Grasso e soci di fingere di esistere, ai moderati di ogni risma di arraffare qualche strapuntino, a Emma Bonino una cadrega. E a Luigi Di Maio di uscire dall’angolo in cui si era cacciato, uscita propiziatoria di quella ben più pesante che seguirà (mi dicono che i cinquestelle sono, anche in politica, “on/off”, quindi vendicativi).
Il grande sconfitto, sulla carta, sarà Matteo Salvini, che ha preferito essere tradito piuttosto di tradire, come tutti sostenevano avrebbe fatto. Ha però ottenuto di rimanere il solo all’opposizione e prepararsi per le elezioni europee del 2019 quando, grazie all’unica legge elettorale “pulita” (proporzionale puro), capiremo come la pensano i cittadini europei. Potrebbe essere una rivoluzione, con le schede in luogo dei forconi. Vedremo.
Tempi imbarazzanti questi per noi liberali nature. Se vogliamo fare questo mestiere con un minimo di dignità verso i lettori e verso noi stessi, nei passaggi delicati dobbiamo scrivere “sia chiaro, questo è un divertissement”. Voglio essere ancora più sincero: questo Cameo oltre che un divertissement potrebbe essere anche una fake news.
Riccardo Ruggeri, 17 aprile 2018