Gli insulti del professore dell’Università di Siena Giovanni Gozzini a Giorgia Meloni non possono essere derubricati a una singola cattiva uscita ma rappresentano qualcosa di più profondo, sono l’emblema del fallimento della figura dell’intellettuale di sinistra. Il video in cui insieme ai suoi “colleghi” si lascia andare a insulti di basso livello nei confronti di una donna, ancor prima che di un leader politico, testimonia tutta la presunta superiorità intellettuale di cui questi signori pensano di essere detentori.
Intellettuali (anti)democratici
Le sue parole sono l’emblema di ciò che è diventata una certa intellighenzia che accusa di ignoranza chiunque abbia un’idea politica e culturale diversa dalla propria, salvo poi dare essa stessa dimostrazione di vera ignoranza con offese e insulti che sono l’antitesi di qualsivoglia preparazione culturale. Il problema è che le università italiane pullulano di figure del genere che, magari non pubblicamente ma nei loro salotti, si sentono detentori della verità e giudicano in modo sprezzante chi non la pensa come loro. Si credono uomini di cultura ma sono persone molto spesso limitate, incapaci di accettare il dibattito, il confronto e di riconoscere l’esistenza di un’altra tradizione politico-culturale come quella di destra di cui non conoscono nulla, non studiano né leggono libri e autori di riferimento nella loro limitatezza che li porta ad insultare coloro che non considerano avversari di pensiero ma nemici.
La condanna di Mattarella
Le parole di Gozzini non si possono mettere sullo stesso piano degli insulti che purtroppo quotidianamente affollano il mondo del web da parte dei cosiddetti “haters” perché pronunciati da una persona che ricopre un ruolo di rilievo in un’università pubblica. A parte il fatto che è lecito domandarsi cosa possa insegnare ai propri studenti un professore che si lascia andare a esternazioni del genere, è però necessaria una riflessione più profonda per capire il modo in cui simili persone siano arrivate a ricoprire incarichi così importanti. Come fa giustamente notare il critico d’arte Angelo Crespi “disattenzione nostra e sudditanza, hanno generato mostri, cantori della menzogna, ominicchi che però hanno potere. […] le loro biografie sono incredibili, hanno avuto posti e prebende assolute, ai vertici della cultura italiana, spesso perfino quando governava il centrodestra”.
L’intervento del professore dell’Università di Siena, giustamente condannato anche dal Presidente della Repubblica Mattarella, scopre un vaso di Pandora e impone una seria analisi sulla politicizzazione dell’università pubblica italiana dove figure come la sua non sono purtroppo isolate.
Non è un caso che uno dei principali libri di Gozzini sia dedicato proprio al 1968 dove tutto ciò ebbe inizio, politicizzando e ideologizzando il mondo dell’istruzione e della scuola in modo capillare attraverso una sistematica spartizione dei posti di potere. Questa è parte dell’eredità che ci ha lasciato quella stagione con conseguenze non solo sul dibattito pubblico ma anche sulla didattica del tutto sbilanciata verso il modo di intendere e concepire la società di persone come Gozzini.
Francesco Giubilei, 21 febbraio 2021