Cronaca

Grande fratello a Ravenna per tracciare i positivi

L’ultima trovata della polizia locale: ai cittadini viene chiesto di inviare la geolocalizzazione

Lo diciamo da tempo: all’inferno si scende a piccoli passi. E la cosa peggiore non è tanto l’ingombrante intromissione dello Stato nella vita privata dei cittadini che il Covid sta producendo. Ma il fatto che le “autorità” si vantano pure di aver creato sistemi di controllo al limite della Corea del Nord.

Chi pensava che dopo la prima ondata non avremmo più rivisto la polizia coi droni a caccia di runner, rivoltosi col cane o pericolosi bagnanti isolati, beh: si sbagliava. La terza (o quarta?) ondata sembra essere riuscita nell’impossibile compito di produrre molto di peggio. Siamo a Ravenna, dove la polizia locale ha trovato un modo innovativo per controllare che positivi e quarantenati rispettino le disposizioni di isolamento. Anziché presentarsi a casa del malcapitato, lo tracciano utilizzando un sistema di geolocalizzazione. A spiegarlo a “Mattino Cinque News” è stato il comandante Andrea Giacomini: “La tecnologia oggi ci permette di verificare la posizione delle persone in quarantena: basta inviarci la propria posizione su WhatsApp a un numero di telefono che forniamo al momento della nostra chiamata. Chi invece è poco pratico o non vuole fornire la propria posizione, verrà sottoposto al controllo tradizionale con una pattuglia che si presenterà direttamente al domicilio”.

Chiaro? In pratica funziona così. La polizia pesca un numero di persone da controllare, le chiama a casa e presenta due opzioni: ricevere una classica visita a casa oppure inviare la posizione tramite messaggino. E se la “vittima” non risponde al telefono? Viene subito “inviata la pattuglia sul posto”. Non si scappa. Livelli di controllo che Xi Jinping scansete. Qualcuno dirà: “E che sarà mai? Se non hai nulla da nascondere, non ci sono problemi”. Sbagliato. Perché oggi il Grande Fratello stile Pyongyang si applica sulle disposizioni anti-covid, ma domani chi lo sa: accertamenti fiscali, controlli incrociati, misure preventive. Sai dove cominci e mai dove finisci.

Forse allora, più che sponsorizzare la propria iniziativa, la polizia locale di Ravenna avrebbe fatto bene a mantenere l’anonimato. Invece l’ha rivendicata con orgoglio. “Non mi risulta che sistemi di sorveglianza di questo genere vengano applicati in altre parti d’Italia”, ha detto Giacomini. Per fortuna, aggiungiamo noi.