Green Deal, l’alt della Meloni: “Ora riapriamo la partita sulle auto elettriche”

Il premier attacca la “minoranza ideologica” che ha prodotto le folli regole verdi dell’Europa. Qualcosa si muove sul motore endotermico: “Un suicidio”

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Meloni auto elettriche

Piano piano, picconata dopo picconata, realismo dopo realismo, si sfalda il castello di carte verdi costruito negli ultimi cinque anni da Frans Timmermans e dalla Commissione Europea. Il Green Deal viene messo in dubbio in Italia, in larga parte della Germania, della Francia e di tanti altri Stati Membri. La folle ambizione di virare sulle auto elettriche entro il 2035 sta allarmando la case automobilistiche, i sindacati, i manager e i lavoratori. E tutti, o quasi, finalmente aprono gli occhi di fronte a quello che Giorgia Meloni chiama un “approccio ideologico” all’ambiente che “ha prodotto effetti disastrosi”.

Intervenuta al Senato in vista del Consiglio europeo del 17-18 ottobre a Bruxelles, il premier ha parlato di molte cose. Ha toccato la crisi in Medio Oriente, tra la guerra a Gaza e le tensioni tra Israele e Libano che coinvolgono i militari italiani dell’Unifil. Ha rivendicato la nomina di Raffaele Fitto a Commissario Ue, chiedendo all’opposizione di sostenerlo come Berlusconi fece con Paolo Gentiloni. Ha ribadito il sostegno del Belpaese all’Ucraina per arrivare ad una “pace giusta”. E ha sottolineato la novità del patto con l’Albania sui migranti che, al netto delle resistenze della sinistra e delle Ong, sta diventando “un modello da seguire” per tutta Europa. Ma uno dei passaggi più importanti del discorso a Palazzo Madama è stato incentrato sulle politiche verdi e sulle auto elettriche. Meloni ha ricordato che per anni “in solitudine” il centrodestra italiano ha lanciato allarmi sulle possibili conseguenze delle scelte prodotte dal Green Deal, una posizione al tempo minoritaria – soprattutto sui media e all’Europarlamento – ma che adesso è diventata “idea comune”. “Perché non è vero che l’unica strada percorribile per difendere la natura sia quella delineata da una minoranza palesemente ideologizzata – ha detto Meloni – Anche i più integralisti sostenitori di questo approccio hanno capito che non ha senso distruggere migliaia di posti di lavoro, smantellare interi segmenti industriali e condannarsi a nuove dipendenze strategiche per perseguire obiettivi impossibili da raggiungere”.

Il ragionamento è semplice: “Inseguire la de-carbonizzazione al prezzo della de-industrializzazione è un suicidio”. Perché “non c’è nulla di verde nel deserto”. “L’addio al motore endotermico entro il 2035 è uno degli esempi più evidenti di questo approccio sbagliato – ha spiegato il premier italiano – Si è scelta la conversione forzata ad una sola tecnologia, l’elettrico, di cui noi però non deteniamo le materie prime, non controlliamo le catene del valore ed ha prezzi proibitivi per gran parte dei nostri concittadini”. Una “follia”, la definisce Meloni, “per la quale le nostre economie stanno pagando pesanti conseguenze in termini di ricchezza, forza produttiva e competitività”.

Per questo il governo italiano non si è stupito di fronte alla richiesta di Acea di anticipare al 2025 la revisione degli obiettivi europei sulle auto elettriche. Per questo non sorprendono le prese di posizione di Confindustria, di imprenditori e manager (se si esclude Stellantis, ovviamente) sulle corsa europea al Green Deal. “Non poteva essere una sorpresa – ha detto Meloni – per chi come noi sin dal primo giorno ha lavorato per rendere la riduzione delle emissioni inquinanti compatibili con l’economia delle nostre filiere. Si deve avere il coraggio di riaprire la partita e perseguire la strada della neutralità tecnologica, sostenendo anche quelle tecnologie e quelle filiere, come i biocarburanti, in cui Italia e Ue possono giocare un ruolo da protagonisti”. L’obiettivo italiano è quello di evitare che l’Europa si consegni “a nuove pericolose dipendenze” che nessun dazio potrà mai impedire.

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