di Fabio Massimo Nicosia
Rileggevo oggi il testo, pubblicato tempo fa dal Fatto Quotidiano on line, della carica dei 101 filosofi (incredibile quanti Spinoza, Kant, Hegel e Platone sono stipendiati dallo Stato italiano, o forse, più che di “filosofi”, si tratta appunto di impiegati statali della “filosofia”), che hanno ritenuto di denigrare Cacciari e Agamben con un testo imbarazzante per mediocrità, con il quale veniva riproposto -solo dopo cioè che l’avevano fatto cime del pensiero come Letta e Zingaretti, oltre che decine di “imbecilli di internet” di echiana memoria- il penoso parallelo tra green pass e patente, o magari tra green pass e semaforo, o green pass e giubbotto catarifrangente.
Il green pass una patente? È illiberale
Certo, visti i personaggi, parlare di patente evoca Totò, il quale, ispirato da Pirandello, va alla ricerca di quella di jettatore, ma quello che merita di essere sottolineato è che questi bigs della teoresi hanno introiettato senza troppe cogitazioni il concetto che i comportamenti umani debbano essere sottoposti, per definizione e in quanto tali, a una qualche sorta di autorizzazione amministrativa pubblica; e allora però dovrebbero studiare Sandulli e Giannini, per meglio capire che cosa non va nel loro ragionamento.
Perché l’idea che regola normale sia che ogni condotta umana debba essere sottoposta ad autorizzazione amministrativa è totalmente illiberale e, semmai, concetto squisitamente fascista, così come squisitamente fascista, anche nelle parti “buone”, è l’elaborazione più profonda del nostro diritto amministrativo storico.
Si può “autorizzare” un diritto umano?
Senonché, siccome non c’è limite al peggio, ciò che oggi accade è che si invoca la sottoposizione ad autorizzazione amministrativa, non solo la guida dell’automobile o l’edificazione di un fabbricato (salvo però segnalazione certificata di avvio attività!), ma persino l’esercizio del diritto umano e fondamentale, il che dimostra ignoranza di basi giuridiche, ma purtroppo soprattutto corruzione ideale del nostro ceto intellettuale e accademico: il diritto umano e fondamentale è tale proprio perché non richiede alcun permesso governativo, altrimenti ci troveremmo di fronte a un ossimoro.
Non solo.
I nostri grandi filosofi, sempre in omaggio all’aureo principio che se non sei un virologo televisivo non hai diritto di parola, e infatti Agamben e Cacciari, in quanto non virologi, devono stare muti, sostengono altresì con sussiego che “la filosofia deve cedere alla scienza” (ossia a Cecchi Paone e a Selvaggia Lucarelli); il che però è molto grossolano per varie ragioni, dato che semmai è l’attività dello scienziato a essere sottoposta alla filosofia, vale a dire alla critica epistemologica e logica.
E infatti la scienza si esprime attraverso il linguaggio, e quindi il filosofo può valutare chiarezza e sensatezza del linguaggio. Ad esempio, i filosofi negano che siamo di fronte a vaccini “sperimentali”, dato che “sono stati testati”. Ovvio, si sperimenta testando, ma quel che conta è che l’EMA ha chiaramente precisato che la sperimentazione finirà in due fasi, dicembre 2023 e luglio 2024, quindi “il filosofo”, vale a dire qualsiasi persona normale, che è perfettamente in grado di leggere quei chiarissimi documenti, si trova sorprendentemente in condizione di sindacare Cecchi Paone, Lucarelli e Bassetti quando dicono il contrario.
Salvo che i nostri notevoli filosofi, essendo immersi in troppo alati pensieri, quei documenti manco li hanno letti; evidentemente, loro le informazioni scientifiche le attingono da Tagadà e dall’Aria che tira, ossia quella che Kuhn chiamerebbe “scienza normale”.
Fabio Massimo Nicosia, 11 gennaio 2022