Houston, abbiamo un problema. Fa presto la presidente della Commissione europea, Ursula von del Leyen, a dire che “i cittadini dovrebbero godersi un’estate sicura e rilassante”. Perché qui con le regole che stanno prendendo corpo tra Bruxelles e Roma si rischia di costringere i turisti italiani a vivere un periodo di ferie logorante. Ci sarà da districarsi tra norme anti-Covid incomprensibili, calcoli sui metri cubi di aria occupabili al ristorante, limitazioni variabili e green pass dalla validità altalenante. Paese che vai, certificato che trovi.
La burocrazia del green pass
L’ultima complicazione delle cose semplici sta sorgendo proprio sul pass digitale europeo, quel documento con cui muoversi più o meno liberamente tra gli Stati Ue. Basta risultare vaccinati, essere guariti o avere un tampone negativo per viaggiare senza restrizioni. Ieri Bruxelles ha lanciato la piattaforma dedicata e già 10 Paesi si sono collegati al sistema, di cui sette hanno già iniziato ad emettere i pass. Tra questi ovviamente non c’è l’Italia, e ci mancherebbe, anche perché da noi come al solito sono sorti problemi di natura burocratica.
La fregatura per gli italiani
Nel Belpaese il green pass esiste già. Va utilizzato per spostarsi tra Regioni e Province autonome nel caso in cui fossero rosse o arancioni. Ma anche per partecipare, dal 15 giugno, a feste ed eventi o per far visita agli anziani nelle Rsa. Bene. Il problema è che tra il green pass europeo e le regole nostrane vi sono delle differenze di non poco conto che rischiano di rovinare le vacanze oltre confine degli italiani. Il governo Draghi ha previsto infatti il rilascio del certificato dal 15esimo giorno dopo la prima dose di vaccino, mentre quello Ue è molto più restrittivo e sarà valido solo 14 albe dopo la seconda dose. Differenza non di poco conto, considerato che in molti casi (soprattutto per i giovani) il richiamo è fissato nel pieno dell’estate: il green pass Ue potrebbe attivarsi a ferie concluse, risultando dunque inutile. Bella fregatura. Altra differenza sull’asse Roma-Bruxelles riguarda il test covid negativo: qui da noi sia il molecolare che il rapido durano 48 ore, in Europa invece i primi valgono 72 ore, quelli rapidi 48. In pratica per mettersi in viaggio bisognerà chiedere spiegazioni al commercialista, oppure si diventa matti.
E non è tutto. Il green pass europeo sarà completamente attivo dal 1 luglio. Fino a quel giorno gli Stati membri possono “adattare” le loro normative a quelle Ue. Ma se l’Italia vorrà mantenere la linea “morbida” potrà farlo. Cosa succederà? Il commissario per la Giustizia Didier Reynders dice: “Nel caso in cui uno Stato accetti una sola dose per derogare alle restrizioni sulla libera circolazione allora questo varrà anche per il Covid pass europeo”. La faccenda però non sarà per forza reciproca. Gli altri Stati potrebbero infatti non accettare il nostro pass: l’Italia può emetterlo dopo la prima dose, ma la Francia ha il diritto di non riconoscerlo e di chiedere un test. E così Roma sarà costretta a far entrare anche i cittadini europei con una sola iniezione, ma lo stesso potrebbe non valere per gli italiani che sognano di andare all’estero. Noi dovremo aspettare la seconda dose, in modo da attivare il certificato Ue, oppure sottoporci a un tampone poco prima della partenza, compresi i bimbi sopra i 6 anni. Con due fregature di non poco conto: la prima, il costo dei test (non proprio economico) da aggiungere a quello del viaggio; la seconda, il rischio di risultare “positivi” a poche ore dalla partenza ed essere costretti ad annullare le ferie. Senza dimenticare che l’Ue ha previsto pure un “freno di emergenza” che in caso di rialzo dei contagi renderà carta straccia ogni certificato, introducendo – di nuovo – limitazioni alla circolazione anche per i vaccinati e le persone guarite.
E fortuna che l’obiettivo era “semplificare” i viaggi e farci godere un’estate “rilassante”. Se avessero voluto complicarci la vita, pensate quale diavoleria si sarebbero inventati.