Il dubbio, legittimo, che il governo voglia solo congelare (e non abrogare) la certificazione verde viene da un Dpcm del 2 marzo 2022, che il premier ha adottato nel silenzio pressoché generale. Il Dpcm prevede infatti che il super green pass abbia in caso di somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo di vaccinazione primario, una validità “tecnica” per un massimo di cinquecentoquaranta giorni. Questo non vuol dire che il super green pass dovrà essere esibito nei prossimi dieci mesi, vuol dire però che l’efficacia dello stesso resta “tecnicamente” valida fino alla fine dell’anno in modo che – se ce ne fosse bisogno – possa essere resuscitato. A parte questo resta il problema del nuovo decreto-legge che sta preparando il Governo. Il punto decisivo è: può il Parlamento ratificare questo nuovo eventuale decreto o già soltanto il parlarne da parte del premier e del ministro dovrebbe far alzare la voce di un nutrito dissenso?
Ci sono tuttavia altri problemi che vale la pena richiamare.
Da tutto quello che si è detto sinora resta escluso l’obbligo vaccinale per tutti gli over 50 introdotto dal decreto-legge n. 1 del 7 gennaio 2022 (convertito in Legge n. 18 del 4 marzo 2022), che resta in vigore fino al 15 giugno 2022, nonché l’obbligo vaccinale per alcune categorie di lavoratori (medici, personale sanitario e amministrativo della sanità, docenti e personale amministrativo della scuola, docenti universitari, militari, forze di polizia e di soccorso pubblico).
Come si è detto l’obbligo vaccinale vige fino al 15 giugno 2022 indipendentemente dalla cessazione a fine marzo dello stato di emergenza, pertanto dal 1° aprile ci troveremo di fronte ad una nuova discriminazione: da un lato decine di milioni di persone vedranno quantomeno allentare le norme sul super green pass e sul green pass base, dall’altro gli over 50 e le categorie obbligate al vaccino per le quali la cessazione dello stato di emergenza non avrà alcun effetto giuridico a causa del persistere dell’obbligo vaccinale.