È chiaro che, in questo ordine di discorso, ciò che è indotto o reale, strumentale o non, diventa secondario: come ha osservato in un bellissimo articolo qualche giorno fa Massimo Cacciari, in tutta questa vicenda non un dato e non un momento è di sicura “oggettività” scientifica. La facilità con cui l’infelice frase draghiana sui non vaccinati portatori di morte può essere, ed è stata, smontata, mostra con tutta evidenza questa situazione “umana, troppo umana” di indecidibilità scientifica. Che virologi superstar, e spesso sopra le righe, non solo non riescono a coprire ma che anzi esasperano. Il che vale anche e contrario, evidentemente; sul coté dei “negazionisti”, intendo.
Essere sicuri significa, in sostanza, vivere in una teca, non rischiare, non vivere l’incertezza, smussare i conflitti. È una strategia immunizzante a tutti gli effetti, come l’hanno chiamata i filosofi (penso in Italia soprattutto a un Roberto Esposito) ben prima che noi tutti stessimo qui a parlare di immunità e vaccini. Ecco, il rischio, l’incertezza, la conflittualità, la possibilità stessa della morte, è ciò che mette in conto un “liberale”, almeno come lo intendo io. Il quale sa che tendere al contrario ad una idea di immunità e purezza irraggiungibile, è un movimento profondamente disumano. Solo introiettando in noi stessi quote omeopatiche di virus, proprio come fanno i vaccini, possiamo vivere. E poi anche ovviamente morire. Utilizzare dispositivi immunizzanti oltre il lecito e troppo invasivi, non solo non sortisce effetti sensibili, con tutta probabilità, , ma significa in sostanza anticipare la morte nella nostra stessa vita.
Corrado Ocone, 25 luglio 2021