Passi pure l’obbligo di green pass agli universitari, anche se non s’era mai visto, nemmeno negli anni del terrorismo, un dispositivo che limitasse per decreto il libero accesso alle aule degli atenei, comprimendo il diritto all’istruzione e alla cultura. Passi l’obbligo di vaccinazione imposto ai docenti delle scuole, che se non altro è quasi inutile, visto che già quasi tutti si sono immunizzati. Ma il trucchetto introdotto per alimentare lo stigma e spingere i giovani studenti alla vaccinazione, proprio no. Già, perché nel decreto sul green pass, licenziato ieri dal Cdm, spunta un dettaglio a dir poco inquietante: resta l’obbligo per gli alunni d’indossare la fastidiosissima mascherina sui banchi, ma alla regola si potrà derogare se tutta la classe è vaccinata.
Ne discendono due conseguenze.
La prima è un ulteriore impulso alla discriminazione. È evidente che se una classe non potrà togliersi la mascherina perché c’è un solo alunno non vaccinato, su quest’ultimo si riverserà l’ostilità di tutti gli altri. Alla fine, si metteranno scolari contro scolari, amici contro amici, figli contro genitori, con un totale menefreghismo nei confronti delle legittime preoccupazioni di adulti che non per forza sono dei pericolosi no vax, se nutrono qualche dubbio sull’opportunità di sottoporre i loro piccoli alla puntura con il farmaco anti Covid.
La seconda è un paradosso scientifico. Mario Draghi, che stavolta s’è opportunamente sottratto alle telecamere, aveva giurato che il green pass avrebbe offerto la garanzia di trovarsi “tra persone che non sono contagiose”. I dati lo hanno smentito: è arcinoto. Peraltro, lui stesso sembrava credere poco a questa storiella, tanto che, a chi era entrato in conferenza stampa a Palazzo Chigi, aveva fatto richiedere un tampone, anche se aveva completato il ciclo vaccinale. Nondimeno, si stabilisce che in una classe in cui tutti sono vaccinati, si possono archiviare le mascherine, poiché, appunto, nella versione ufficiale del presidente del Consiglio, i vaccinati non contagiano.