di Paolo Becchi e Giuseppe Palma
“L’Università è sì pass. Si entra in ateneo vaccinati”. Questa la replica del rettore del Politecnico di Milano e presidente della Crui (conferenza dei rettori universitari), prof. Ferruccio Resta, al manifesto firmato da oltre 600 docenti universitari contro le discriminazioni causate dall’obbligo del green pass negli atenei. Ma il tenore del messaggio di Resta è ancora più incisivo: “L’università sta a fianco del governo che ha emanato un decreto doveroso, scientifico, serio. Nessun cedimento, nessun passo indietro. Nessuno”. Insomma, in altri tempi si sarebbe detto “credere, obbedire e combattere!”. Ad essere sinceri, affermare che il decreto emanato dal governo è “doveroso, scientifico, serio” e poi parlare di “sì pass. Si entra in ateneo vaccinati”, significa non sapere nemmeno che il green pass consente l’ingresso in ateneo anche ai non vaccinati che però abbiano effettuato un tampone valido 48 ore. Ma lasciamo stare, qui il problema è molto più serio di questi dettagli.
La scienza è discussione
L’Università è il luogo della scienza per antonomasia, e la scienza è dubbio e non un atto di fede, altrimenti si chiamerebbe dogma. Se ad esempio Guglielmo Marconi avesse avuto cieca fiducia nella “scienza”, non avrebbe mai scoperto il telegrafo senza fili perché fino a quel tempo la “scienza” non conosceva la ionosfera che consentiva alle onde magnetiche di superare la curvatura terrestre. Ok è elettronica, ma un professore di meccanica applicata come Resta dovrebbe saperlo. Stesso discorso per Louis Pasteur, il microbiologo francese che scoprì il vaccino antirabbico pur avendo contro di sé tutto il mondo accademico dell’epoca. La scienza è dunque discussione, dubbio, esperimento, soprattutto in Università, non obbedienza al governo che ha emanato “un decreto doveroso, scientifico, serio” come sostiene a schiena dritta il prof. Resta. Nell’ultimo anno e mezzo siamo stati bombardati dal dogma “abbiate fiducia nella scienza”. Le parole sono importanti: “fiducia” deriva da “fede”, “fides” in latino, atto di fede, ma la scienza non è fede, è dubbio, approfondimento. Possibile che un Rettore non comprenda questa differenza elementare?
Una questione giuridica, oltre che culturale
Ma il punto, oltre che culturale, è anche giuridico. Proprio ieri il collegio dei questori di Camera e Senato ha deciso che il green pass servirà in Parlamento solo per sedersi al tavolo del ristorante, per la partecipazione a iniziative culturali, per accedere alle biblioteche, all’archivio storico o per qualche altra attività, ma non per la partecipazione ai lavori delle commissioni o delle Aule. Per partecipare ai lavori delle Aule, ad esempio, il questore Gregorio Fontana ha spiegato che “per l’Aula il green pass non è previsto perché significherebbe limitare un diritto costituzionale. Una cosa del genere non può essere fatta con una delibera del collegio dei questori. E sarebbe opportuno coinvolgere l’opposizione”. Parole sacrosante. Deputati e senatori esercitano la sovranità popolare, esercizio che ovviamente non può essere subordinato al possesso di un lasciapassare sanitario. Un diritto costituzionale che non può essere compresso. Tutto giusto.
Ma a questo punto sorgono dei dubbi legittimi. Se l’esercizio della sovranità popolare da parte dei parlamentari è un diritto costituzionale che non può essere subordinato al possesso del green pass, per quale motivo altri diritti costituzionali vengono invece sacrificati e subordinati al possesso del lasciapassare? Si pensi, per quanto riguarda le scuole e le Università, alla libertà di insegnamento tutelata dal primo comma dell’art. 33 della Costituzione (“L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”), oppure al diritto all’istruzione tutelato dal primo comma dell’art. 32 della Carta (“La scuola è aperta a tutti”). L’Università in uno Stato democratico “non sta con il governo”, sta con la libertà della ricerca e dell’insegnamento. Punto.
Se dunque – come dice la Costituzione – l’insegnamento è libero e la scuola è aperta a tutti, perché condizionare l’ingresso a scuola degli insegnanti o all’Università di docenti e studenti al possesso del green pass? Non è forse già questo un controsenso? Come si è detto la partecipazione di deputati e senatori ai lavori delle Aule di Montecitorio e Palazzo Madama non sarà subordinata al possesso del green pass. Giusto. Ma se non ci vuole il green pass per la Camera dove siedono 630 deputati e per il Senato dove ci sono 315 senatori (peraltro uno di fianco all’altro), per quale motivo è obbligatorio a scuola (dove ogni classe è composta da circa 20 studenti), all’Università (50-100 studenti per lezione) o nei Musei (30-40 persone per volta)? Non è anche questo un controsenso, una discriminazione irragionevole?
Green pass, diritti costituzionali a rischio
Medesimo discorso va fatto anche per altri diritti costituzionali. Il diritto al lavoro, ad esempio, non è solo un semplice diritto costituzionale, è il principio costitutivo della nostra Repubblica: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (art. 1, co. I). La Repubblica non si fonda dunque sulla salute, ma sul lavoro, principio a fondamento delle Istituzioni repubblicane e rubricato nei principi fondamentali. Perché allora condizionare il lavoro degli insegnanti, dei docenti universitari e di altre categorie al possesso di un lasciapassare sanitario? L’obbligo del green pass a dire il vero comprime anche altri diritti costituzionali come, ad esempio, la libertà di circolazione (art. 16) per via del pass obbligatorio sui treni a lunga percorrenza, quella di associazione e riunione (artt. 17 e 18) perché l’obbligatorietà si estende a convegni, cinema, teatri, bar e ristoranti al chiuso, e soprattutto il diritto alla tutela del lavoro e alla giusta retribuzione del lavoratore di cui agli artt. 35 e 36. È forse un caso che i Padri Costituenti scrissero all’art. 35 “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” o all’art. 36 “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”? Come possono conciliarsi questi diritti costituzionali con la norma del decreto-legge governativo che sospende dal lavoro e dalla retribuzione insegnanti e professori universitari che non vogliono sottostare all’obbligatorietà del green pass? È evidente che esistono seri problemi di natura costituzionale che più di qualcuno fa finta di non vedere.
Le parole del Rettore Resta, in sostanza, questo significano: “L’università sta a fianco del governo che ha emanato un decreto doveroso, scientifico, serio. Nessun cedimento, nessun passo indietro. Nessuno”. Mi raccomando, nessun cedimento, passi lunghi e ben distesi: serve l’atto di fede. Se ce lo avessero raccontato due anni fa, non ci avremmo mai creduto. Mala tempora currunt.