Articolo di Paolo Becchi e Giuseppe Palma.
Il Regolamento Ue n. 953 del 14 giugno 2021, entrato in vigore il 1° luglio 2021, prevede che la certificazione verde sia rilasciata ai seguenti soggetti: a chi ha completato il ciclo vaccinale primario (o eventuali dosi successive), a chi è guarito dalla malattia (in entrambi i casi per la durata di 9 mesi) e a chi effettuato un test rapido antigienico o molecolare con esito negativo (per la durata rispettivamente di 48 e 72 ore).
L’Italia ha derogato più volte a questo regolamento, soprattutto in tema di divieto di discriminazione tra cittadini vaccinati e non vaccinati, ma non solo. Il governo Draghi ha ridotto la valenza del green pass rafforzato e da guarigione da nove a sei mesi, salvo l’ultimo decreto-legge (quello del 2 febbraio) che invece estende la validità a tempo indefinito del green pass con booster (o due dosi più guarigione), sei mesi per i soli guariti senza vaccino. Una logica “premiale” per i vaccinati che non ha alcun fondamento sanitario, ma su questo abbiamo già scritto.
C’è un altro aspetto passato in larga parte inosservato: l’ultimo decreto non agevola di certo il turismo estero ed in particolare quello russo. Il decreto all’art. 3 prevede infatti che “ai soggetti provenienti da uno Stato estero in possesso di un certificato rilasciato dalle competenti autorità sanitarie estere di avvenuta guarigione o di avvenuta vaccinazione anti Sars-Cov-2 con un vaccino autorizzato o riconosciuto come equivalente in Italia, nel caso in cui siano trascorsi più di sei mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario […] o dall’avvenuta guarigione […], è consentito l’accesso ai servizi e alle attività per i quali sul territorio nazionale sussiste l’obbligo di possedere una certificazione verde Covid-19 da vaccinazione o guarigione, c.d. green pass rafforzato, previa effettuazione di test antigienico rapido o molecolare con esito negativo al virus […], avente validità di quarantotto ore dall’esecuzione se rapido o di settantadue ore se molecolare”.
Una disposizione che apre a due ordini di riflessione.
1. A parte il fatto che una disposizione di legge non dovrebbe mai contenere espressioni del tipo “c.d. green pass rafforzato”, di solito in uso – al massimo – nelle circolari ministeriali che si occupano dell’acquisto della carta igienica per i ministeri (“c.d. a due o tre veli”), il primo punto che ci lascia perplessi è la previsione che il cittadino proveniente da uno Stato estero debba aver fatto un “vaccino autorizzato o riconosciuto come equivalente in Italia”, in pratica quelli autorizzati da Ema e Aifa, vale a dire Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson, Astrazeneca e a breve Novavax.
E il vaccino nazionale Sputnik, non autorizzato da Ema e Aifa per evitare una concorrenza commerciale tra Russia e Stati Uniti? In tal caso i cittadini russi potranno venire in Italia e starci a condizione di effettuare un tampone antigienico rapido ogni 48 ore (o molecolare ogni 72 ore), con la conseguenza che i titolari delle strutture recettive (bar, ristoranti, alberghi ma anche mezzi pubblici e treni) dovranno necessariamente controllare la carta di identità visto che per i russi varrà il green pass base mentre per gli italiani il green pass rafforzato e per i cittadini di altri Paesi Ue il green pass europeo ma, se più vecchio di sei mesi, serve pure un tampone. Una bella patata bollente per Draghi che, da un lato vuole solo vaccini americani, dall’altro teme che Putin ci chiuda i rubinetti del gas. Certo è che le sue decisioni sono un danno per il nostro turismo, visto che i cittadini russi opteranno per mete meno complicate della nostra.