Nei giorni del Cop27, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, Greta Thunberg ha annunciato al pubblico di essere pronta a passare il testimone, quattro anni dopo l’inizio del suo attivismo con lo sciopero scolastico sul clima. Una notizia che sorprende, soprattutto nelle sue ragioni: “Dovremmo anche ascoltare i resoconti e le esperienze delle persone più colpite dalla crisi climatica. È ora di consegnare il megafono a coloro che hanno davvero storie da raccontare”, ha specificato la giovane leader ecologista.
Uno smacco per la catechesi ambientale. Su queste dichiarazioni, quindi, dovremmo presupporre che Greta sia stato solo un fenomeno preconfezionato dai media, nato dal giorno alla notte, in nome di un catastrofismo ambientabile amplificato dall’influencer climatica. Una ragazza che, alla guida del seguitissimo Fridays For Future, non aveva nulla da raccontare (come, d’altro canto, trasuda dalle sue stesse parole), ma che è riuscita con efficacia a creare un mito immaginario, abbindolando tutti capi di Stato del mondo (fatta eccezione Donald Trump). Insomma, una Chiara Ferragni del clima.
Sì, proprio perché la storia dei gretini, insieme al Cop27 in corso, rappresentano pienamente il livello di ipocrisia che caratterizza la favola del climatismo, dell’uomo distruttore del pianeta. Da una parte, non solo perché alla conferenza sono assenti Cina, India e Russia (ovvero i tre principali inquinatori al mondo); ma anche perché si pensa di combattere il cambiamento climatico attraverso estenuanti piani pubblici di durate decennali, come se l’attuale classe dirigente, in qualità di demiurgo, fosse in grado di prevedere le esigenze sociali, produttive ed ambientali da qui ai prossimi 15 anni.
Insomma, il fenomeno Greta ha incarnato il populismo ecologico a tutti gli effetti. In nome della competenza, così tanto sventolata anche da quotidiani mainstream e politica, il mondo si è affidato ad una bambina di 15 anni divenuta la rappresentazione iconica di quel climatismo politicamente corretto, che vede nell’uomo l’incarnazione del male assoluto. Insomma, un po’ come una militante di Black Lives Matter contro il maschio bianco, occidentale e capitalista.
A quattro anni di distanza dall’inizio del fenomeno mediatico, Greta starebbe ben pensando di finire gli studi e ritirarsi a vita privata. Un po’ stile Napoleone a Sant’Elena o D’Annunzio nel suo meraviglioso Vittoriale, elogiata e decantata dal mondo della catechesi ambientale.
Matteo Milanesi, 7 novembre 2022