PoliticaSpeciale elezioni politiche 2022

La crisi dei pentastellati

Grillini trombati: arriva il reddito di rappresentanza

La nuova idea di Giuseppe Conte. Ma rimane un grosso ostacolo da superare…

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Dopo il reddito di cittadinanza il reddito di rappresentanza. Sarebbe questa l’ultima trovata del Movimento 5 Stelle per soccorrere i tanti grillini trombati dal divieto del terzo mandato. Dal presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, all’ex capo politico Vito Crimi, dal già ministro della Giustizia Alfonso Bonafede all’ex vicepresidente del Senato Paola Taverna, fino al già Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Fraccaro. La lista dei pentastellati che non entreranno a far parte del prossimo parlamento è lunga e ricca di nomi che hanno ricoperto ruoli apicali nell’ultima legislatura.

Adesso, per scongiurare il rischio di lasciare disoccupati, oltre ai percettori di reddito di cittadinanza, anche i movimentisti non rieletti, Giuseppe Conte starebbe pensando a varie soluzioni per garantire loro un posto di lavoro. Ovviamente a spese dei contribuenti, dal momento in cui la ricollocazione dei grillini trombati avverrebbe all’interno dello stesso Movimento con l’utilizzo di denaro pubblico proveniente dai gruppi parlamentari di Camera e Senato.

La prima idea di Giuseppe Conte per garantire uno stipendio agli ormai ex parlamentari grillini sarebbe la costruzione di una struttura partitica classica, tale da poter consentire al Movimento di piantare radici nel territorio. Il progetto del capo politico prevederebbe la creazione di ruoli remunerati all’interno del nuovo Movimento-Partito, con annessa scuola di formazione politica, all’interno della quale verrebbero collocati come docenti proprio i vari Fico, Crimi, Bonafede. Un disegno che consentirebbe a Conte di ripagare lautamente la fedeltà dei big rimasti al suo fianco, nel corso della campagna elettorale nonostante la non ricandidatura.

Il vero grande ostacolo da superare affinché il progetto politico di Giuseppe Conte possa prendere forma ha tuttavia un nome e un cognome: Beppe Grillo. La definitiva trasformazione del Movimento in Partito richiederebbe infatti una modifica dello statuto e comporterebbe una significativa perdita di influenza (e di denari) dello stesso Grillo sul nascituro partito.

Ragion per cui, una domanda sorge ora spontanea: quel Beppe Grillo, che a suo tempo volle con forza l’introduzione del reddito di cittadinanza, sarà disposto a rinunciare al potere esercitato sul suo Movimento, nonché ai lauti guadagni che da questo discendono, in nome del reddito di rappresentanza?

Salvatore Di Bartolo, 3 ottobre 2022