Politica

Grillo bombarda Conte: un post apre la guerra nel M5S

Il comico esce allo scoperto. Il Fondatore del Movimento pone tre paletti fondamentali ai grillini. E adesso che fa Giuseppi?

conte grillo m5S © BalazsKovacs tramite Canva.com

Basta un post, al fondatore del M5S, per aprire la campagna di agosto contro Giuseppe Conte. I due non si sono mai amati fino in fondo. Magari sopportati. Hanno fatto buon visto a cattivo gioco. Ma le manovre contiane per cambiare il nome al partito e rivedere la regola dei due mandati sembrano aver riaperto una ferita ormai sanguinante. Ora è Grillo a dar fuoco ai cannoni, riscoprendo Gianroberto Casaleggio e le origini, aprendo così di fatto la guerra nel Movimento 5 Stelle.

Sul blog, Beppe ammette che il partito ormai si trova “ad un crocevia fondamentale della nostra storia” in cui occorre “riflettere sulle nostre radici”, ovvero su quel “sogno” di lottare contro “un sistema corrotto” per ridare voce ai cittadini e creare “un’Italia più giusta e trasparente”. Quello spirito non esiste più. Grillo lo sa. Il governo gialloverde ha costretto i grillini ad “adattarsi, per sopravvivere”, come ogni animale in natura. Prima l’era di Luigi Di Maio. Poi la scissione. Infine il “contismo” che vorrebbe spostare il Movimento definitivamente nell’area progressista (l’incursione nel gruppo The Left al Parlamento Ue ne è la prova), abbandonando di fatto uno dei cardini del credo di Beppe: né a destra, né a sinistra. Né accordi col Pd, né col Pd-meno-elle.

Per il “garante” tuttora sopravvivono “tre pilastri imprescindibili” di questa storia: “Il nostro simbolo, il nostro nome e la regola del secondo mandato”. Tutto il resto è andato praticamente in malora, compresa la democrazia diretta diventata ormai un esercizio fittizio ed evitato nei casi più scottati (vedi, ancora, l’adesione al gruppo parlamentare europeo). “Il simbolo del MoVimento 5 Stelle non è solo un segno grafico – scrive Grillo – è un richiamo al cambiamento, è l’emblema di un’intera rivoluzione culturale e politica, la bandiera sotto cui milioni di italiani hanno marciato con noi. È il vessillo sotto il quale milioni di cittadini si sono riconosciuti e con il quale abbiamo combattuto battaglie importanti; da cui sono nate idee, valori e speranze condivise, è il segno visibile della nostra lotta per la trasparenza, la giustizia e la partecipazione. Un partito politico non dovrebbe mai cedere alla tentazione di mutare il proprio simbolo: è la bussola che orienta il cammino verso il futuro, senza mai tradire il passato”. Breve nota a margine: il logo è di proprietà di Grillo che ne conserva ancora oggi l’uso esclusivo.

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Dal simbolo discende il nome che “rappresenta la nostra piena identità, è un nome che racchiude storie, significati e speranze, come il nome di ognuno di noi, sin dalla nostra nascita”. Cambiarlo significherebbe “rinunciare a un pezzo di quella magia, a un ponte invisibile che collega chi siamo a chi vogliamo diventare”. Stesso discorso per la regola del secondo mandato, che prima ancora di essere una regola interna al M5S è stata una delle prime proposte di legge di iniziativa popolare lanciate dal V-Day del comico. Un punto programmatico “che ci ha resi unici” e “liberi dal potere e dalle sue tentazioni”. Lo sanno bene Roberto Fico, costretto a mettersi da parte e che medita di rientrare dalla finestra. Ma anche Virginia Raggi. “Trasformare l’impegno politico in una professione perpetua – attacca il Fondatore – significa tradire la fiducia dei cittadini e sprofondare nel pantano della mediocrità e dell’opportunismo. Limitare i mandati significa restituire al popolo la sovranità che gli spetta, è un presidio di democrazia, impedisce che pochi individui si arroghino il diritto di governare in eterno. Questo ricambio garantisce che la politica sia sempre animata da nuove energie, idee fresche e prospettive diverse, preservando così la sua natura dinamica e democratica”. Poi la stoccata a Conte, benché non citato: la regola dei due mandati, che per l’avvocato di Volturara Appula potrebbe anche essere tolta, è la garanzia che chi viene eletto porterà “avanti le idee e non le proprie ambizioni personali”.

Per Grillo questi tre pilastri “non sono in alcun modo negoziabili”. E soprattutto “non possono essere modificati a piacimento”. Nemmeno durante l’Assemblea Costituente prevista per ottobre. Il cui nome, così da Prima Repubblica, deve aver provocato l’orticaria al Garante. Domanda: i grillini, eletti e non, daranno ascolto al Fondatore o al nuovo leader? Molti, soprattutto i contiani rimasti fuori dai seggi, vedono di buon grado l’addio alla mannaia del secondo mandato. Altri invece erano arrivati a scrivere una lettera a difesa del Fondatore, denunciando il fallimento della leadership di Conte dopo la debacle alle Europee. Sin qui Beppe aveva mantenuto sotto traccia le critiche, consapevole forse di non avere una truppa su cui contare. Si era limitato a battutine (“Ho incontrato Conte, mi ha ha fatto un po’ tenerezza. Alle Europee preso più voti Berlusconi da morto che lui da vivo”) e ad uno scambio di lettere: Beppe aveva chiesto a Giuseppi di discutere “preventivamente” i temi da sottoporre all’Assemblea, richiesta rispedita al mittente dal leader pentastellato convinto che “il destino del Movimento” non sia nelle mani dell’ex comico. Risposta mal digerita da Grillo, che adesso è uscito allo scoperto. E sarà guerra aperta.

Franco Lodige, 20 agosto 2024

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