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Grillo lascerà il M5S dopo le europee. Ecco perché

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Tra sindrome di Procuste ed effetto Dunning-Kruger sull’invidia e l’incompetenza, Beppe Grillo ha deciso di lasciare il Movimento 5 Stelle dopo le elezioni europee. E sta già preparando la grande uscita di scena, come ha confidato a pochi intimi, tra i quali alcuni mental coach che frequenta in Liguria. Qualche vaga anticipazione l’ha anche fornita, nei giorni scorsi, a Luigi Di Maio e Davide Casaleggio dopo aver saputo che tra i due c’è ormai con Salvini un patto di ferro per un partito di destra, ai danni di Berlusconi, con la partecipazione di Giorgia Meloni. Roberto Fico e Roberta Lombardi, da sinistra, si uniranno invece ai “descamisados” di Giggino De Magistris.

Ma cosa c’entra, per Grillo, Procuste, a cui ha accennato a proposito del referendum sull’immunità per Salvini, e gli psicologi americani David Dunning e Justin Kruger della Cornell University? Sono due facce della stessa medaglia: la totale inadeguatezza per ignoranza e presunzione della classe dirigente che è al governo. La rivoluzione che nelle sue intenzioni e quelle di Casaleggio senior doveva cambiare radicalmente il Paese, ha generato invece un mostro che lui stesso vuole rinnegare perché sente forte il peso e la responsabilità del fallimento.

Nella mitologia greca, Procuste è il soprannome di un brigante che straziava i viandanti battendoli con un martello sopra un’incudine per renderli tutti della stessa misura, e la sindrome, soprannominata appunto di Procuste, è riferita alle persone che disprezzano coloro che hanno maggiori capacità e talento, quindi agiscono per sminuire o sabotare gli altri. Ancora più evidente il suo richiamo ai due psicologi da cui “l’effetto Dunning-Kruger”, che è una distorsione cognitiva a causa della quale individui poco preparati in un campo tendono a sopravvalutare le proprie abilità, ritenendosi, a torto, degli esperti. A corollario di questa teoria, spesso gli incompetenti dimostrano di essere estremamente supponenti, come continua a ripetere Grillo.

Gli esempi di presunzione e dilettantismo nel governo Conte sono all’ordine del giorno. Abbandonate le storiche battaglie sugli sprechi, le auto blu e le lottizzazioni, i grillini si buttano a capofitto su temi a loro sconosciuti. Dalla star assoluta di incompetenza come il ministro Toninelli, con i suoi inesistenti tunnel come quello del Brennero, che dava già per operativo quando ancora deve essere completato, fino al Ministro della giustizia Bonafede, che ha tenuto a specificare come negare l’autorizzazione a procedere per Salvini sul caso Diciotti fosse un atto dovuto perché il vicepremier non avrebbe commesso il reato “per sé ma per gli altri”. Fino al presidente della Camera Fico che scambia il Consiglio Europeo, riunione dei capi di Stato e di governo dell’Ue, con il Consiglio d’Europa, che invece rispetto all’Ue è un organo esterno, e chiama “egidia” l’”egida”, cioè lo scudo di protezione dell’Onu nelle decisioni in cui si reputa fondamentale il ruolo delle Nazioni Unite. Per continuare con il sottosegretario tuttofare Stefano Buffagni, incapace di leggere propriamente i risultati delle aste di titoli di Stato italiani, prendendo fischi per fiaschi sul rapporto tra domanda e offerta di buoni del debito pubblico e rendimenti che si devono pagare per garantirne la sottoscrizione.

Ma Grillo è terribilmente deluso anche dal premier Conte e si è ritrovato perfettamente nel ritratto fattogli, al congresso dei radicali, da Tullio Padovani, luminare del diritto penale. Per descriverlo si è riferito al “Libro del Cortegiano” di Baldassarre Castiglione, per cui il Premier oscilla tra l’ “affettazione” del voler esibire a tutti i costi la sua grazia e la “sprezzatura” di chi tenta di dimostrare naturalezza, persino nelle esternazioni più costruite. Sarà per tutti questi motivi che Grillo ha deciso di staccare la spina. Il suo spettacolo più importante non gli è riuscito. Ed è ora di calare il sipario. Chapeau.

Luigi Bisignani, Il Tempo 24 febbraio 2019