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Grillo licenzia Conte, ma può cadere su Rousseau

Doveva essere il salvatore della patria, l’uomo che avrebbe risollevato le sorti (e i sondaggi) del Movimento Cinque Stelle. E invece da ieri Giuseppe Conte è l’uomo senza “visione politica”, “capacità manageriali”, “esperienza di organizzazioni” né spirito “di innovazione”. Insomma: l’avvocato del popolo da futuro del M5S si ritrova bollato come zavorra di troppo, messo alla gogna come il politicante che avrebbe trasformato il grillismo “in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco”.

Il post con cui Beppe Grillo ieri ha posto fine all’esperienza di Giuseppi appare anche più duro di quanto ci si potesse aspettare. Un licenziamento in tronco, beffa delle beffe per l’ex premier che il blocco dei licenziamenti l’ha prorogato più volte durante la pandemia. Ma tant’è. Conte non ha ancora risposto alle provocazioni del comico, è solo trapelata l’amarezza per la decisione di Grillo “di fare il padre padrone” e per la mancanza di “democrazia interna” nel M5S (sai che scoperta), ma è chiaro che ormai per lui non ci sia più agibilità politica nel perimetro del Movimento. Tornerà a fare l’avvocato d’affari, magari il professore, o tenterà di farsi un partito tutto suo? Staremo a vedere. I parlamentari pronti a seguirlo ci sarebbero, gli elettori non è detto: il precedente di Mario Monti, uscito da Palazzo Chigi col vento dei sondaggi in poppa e poi scomparso, non è di buon auspicio. Lo stesso dicasi per le scissioni dei vari Alfano, Renzi e Toti.

In fondo la lite Grillo-Conte degli ultimi giorni nient’altro era che una sfida per il mantenimento del “brand” M5S, che vale ancora il 15% dei voti ed è il primo partito del Parlamento, fulcro del governo Draghi. Il set l’ha vinto Beppe, ma ora la strada si fa in salita. La sparata sul blog nasconde diverse insidie, prima tra tutte la scelta di affidare (di nuovo) l’elezione del Comitato Direttivo alla piattaforma Rousseau. Da “statuto” il Movimento non può fare altrimenti, ma Davide Casaleggio solo pochi giorni fa aveva consegnato al M5S i dati degli iscritti e poi non gode di buona fama tra deputati e senatori grillini. Senza dimenticare la spinosa questione del limiti dei due mandati, legge fondamentale del Movimento che molti “portavoce” vorrebbero cestinare. E soprattutto il fastidio crescente di numerosi “big” per l’ingombrante figura del Garante.

L’ultimo “vaffa” di Grillo, insomma, è l’ennesimo colpo di scena di un navigato teatrante. Ha silurato Conte, certo. Ma ha anche scatenato un terremoto politico dagli effetti imprevedibili. Una scossa che potrebbe trascinare anche lui e la sua creatura nel baratro dell’inconsistenza politica.