Cultura, tv e spettacoli

Gruber, Giordano, la Covid-tv: chi vince e chi perde sul piccolo schermo - Seconda parte

Zapping esistenziale ai tempi della covid

Capezzone

Meriterebbe un canale a parte: è il lato oscuro della Forza di Cecchi Paone. Riesce anche lui a essere ovunque, abilissimo nel dimostrare la Verità non con la propria ma con le baggianate degli altri. Appoltronato, forse solo un pochino tronfio (ma sarà stanco di sentire i soliti discorsi) è il velluto della destra: radical mind, elegante come Bertinotti, onnipresente ma ogni volta ce lo si dimentica e ce lo si ricorda dopo che gli si da ragione. “Capezzone Tv” al posto della “Signora in giallo” all’ora di pranzo.

La versione di Fiorella

Forse l’unica possibile prova che i vaccini fanno male. La cantante della sinistra che non ha mai scritto una riga è un’ottima interprete di capolavori ma se davvero lo fosse dopo piangerebbe. E invece è un via vai di ospiti, saluti, abbracci, Gad Lerner, Rai Tv, Bandiera Rossa, Almanaccco del giorno sempre uguale. Persino Mannucci che arriva dopo con Tg3 notte è un sollievo.

Ottoemezzo

Lilli Gruber è inossidabile: la sua maestosità sullo sgabello avrebbe dovuto battere tutti (dalla Parietti a Paola Ferrari) ma a suo svantaggio ha gli ospiti che se uno non si presenta ti preoccupi a casa: dovè Paolo Mieli? Dov’è Travaglio? Dov’è Scanzi? Forse dovrebbe cambiare lato della sedia oppure vivere in libertà come nei suoi libri di ricordi da “frau” Heidi. Meno male che c’è sempre alla fine “Il punto” di Paolo Pagliaro: che dopo questo “Muppet Show” ti ricorda che esiste anche la realtà.

In onda

Dopo una stagione estiva di prove Concita De Gregorio (anche lei dopo Saviano e Rampini in odore di cambio da “la Repubblica” a “Il Corriere”) ogni weekend li seguiamo paciosi, in relax, con ospiti compiti, toni compiti, fogli che non volano. Mai una polemica, qualche stilettata della De Gregorio. Un programma che non ha una pecca, non fa una grinza: un presepe vivente con tutti assopiti insieme al pastorello addormentato.

L’Aria che tira

Dopo la sorpresa degli scorsi anni un’edizione placebo stanca, con una conduttrice che sembra aver perso lo smalto di un tempo, l’entusiasmo. Ora è attovagliata, tra i videowall di skype, tra servizi sempre ottimi ma di cronaca che arriva tardi. C’è parola per tutti: troppo buonismo.

Propoganda live

L’unico programma ad avere il merito e il coraggio di trasmettere dalle terre occupate palestinesi, con kefiah, bambini, magliette, fantasma di Arafat e nel secondo tempo di diventare il modello Israele. Tutto d’antan, come le musicassette con lato a e b, Zoro cresciuto a Guzzanti, Luttazzi e Roma nord e con unico imperativo: “Visto, si stampi. Perché vedere is the new leggere” che è anche il titolo di un Premio giornalistico che ha vinto nel 2018.

Zoro è così: capace di fare una lastra che non diventa mai ecografia dell’anima. Niente sincerità. Di quelli che se li trovassi in Afghanistan sarebbe dei talebani. Essendo nati qui sono i giustizieri catodici del political correct, l’ambiente, la pace, il fascismo. Se fossero stati negli anni ’60 sarebbero stati rivoluzionari, ma siamo qui e va bene una Vespa una t-shirt e la sinistra intelligente. Perché la destra è il male, la destra è tutto ciò che non sono, la destra è una pandemia. Spesso ci si chiede: ma se la destra non ci fosse più cosa farebbero?

Gian Paolo Serino, 24 novembre 2021

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