Io lo so che deludo quanti mi seguono su questa testata: ma la coscienza è più forte e non mi nascondo: io sto con Roberto Gualtieri, sto col sindaco di Roma che in pieno consiglio comunale gioca a scopa sullo smartphone. Ci sto perché una volta tanto ha un comportamento normale. Anzi, quasi simpatico. Ruspante, poteva dedicarsi ad altre attività piddine, tipo la finanza on line, invece ha scelto un gioco veramente proletario, da mescita. E poi suona la chitarra, suona bella ciao che se non ce l’avessero fatta uscire dalle orecchie sarebbe anche una bella canzone, popolare, di libertà, contro l’invasor. Ma il guaio di questa sinistra griffata è che le manca sempre tanto così per tornare a Peppone, per dire a un comunismo fazioso ma umano, genuino e magari reazionario, insomma è falsa, è sofisticata, adulterata pure quando le scappa da un fianco qualcosa di veramente proletario: al che se ne vergogna, sente il bisogno di spiegarsi, di giustificarsi. Ma da spiegare cosa c’è?
Sì, io per questa volta sto col sindaco Gualtieri e col suo scopone, sto col proletariato vero, solo che io posso per la semplice ragione che comunista non sono: lui no, il costume del populismo socialista gl’impone di glorificare le democratiche istituzioni, il consiglio comunale che sarebbe la sublimazione del potere democratico e popolare capitolino. Invece è una gran rottura di coglioni, anche, volendo un comitato d’affari, parole su parole che uno per salvarsi gioca a carte da solo. Primiera settebello e “denara”.
Ma andateci voi a dire in giro che queste pletoriche istituzioni fatte di parole, di aria fritta, di aria che cammina sono tempo perso sia per la democrazia dialettica che per l’amministrazione spregiudicata del potere che usa altre camere caritatis per tessere le sue trame, i suoi affari più torbidi che no. Ti saltano alla gola, ti danno del fascista, del presidenzialista e verticista, ti prendi del decisionista che nella vulgata Dem è peggio di nazista, il populismo di sinistra, bolso, risorgimentale, ipocrita va mantenuto perché è l’ultima cosa che tiene insieme questa sinistra affarista da Fiumicino a Riad, a Dubai, a Rabat, via Bruxelles.
Sì che la scopa elettronica di Gualtieri assume il senso, il significato di una straziante ridotta, parlate, dite quello che volete ma nun me rompete li cojoni almeno per mezz’ora.
Come fosse facile non si dica domare ma almeno ricondurre a ragione la cloaca massima, la Babele romana dove tutti fanno quello che vogliono e il potere cittadino giocoforza si adegua, e che dovrebbe fare? Anche volendo non ne esce. Poi che non voglia è altra storia, ma il fatto è che Roma è una faccenda speciale e perduta, la Meloni se n’è guardata bene dall’affondarci in quelle sabbie mobili, Roma è manicomio dove possono trovarsi a loro agio solo i grillini. O i Casamonica. E dovremmo infierire su un sindaco che per una volta invece che assegnare case rubate si assegna i punti a scopa?
La differenza, non di poco conto, sta in questo, che un comunista perdona solo i suoi e si scandalizza se la stessa cosa la fa un altro; noi eretici, noi qualunquisti, vigliaccamente libertari invece comprendiamo, simpatizziamo: alla fine anche tu sei umano, non sei un uomo robotico, sovietico e alla fine fine della retorica risorgimentale e populista progressista e di sinistra te ne sbatti le balle come faremmo noialtri.
Per cui caro Gualtieri never complain never explain: il tuo exploit al banco del Campidoglio come fossi al banco dell’osteria è la cosa che ci è piaciuta di più, forse l’unica, dall’inizio del tuo mandato. Avanti così e se si scandalizzano i trinariciuti niente paura, ci siamo noi a sostenerti, noi qualunquisti, noi che comunisti non siamo e per questo custodiamo barlumi d’umanità remota. Malgrado voi.
Max Del Papa, 14 aprile 2023
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