Giustizia

Guarda tu il caso: Toti arrestato, il giudice dei dossier segreti no

Raffaele Cantone chiede l’arresto per Striano e Laudati sul caso “dossier segreti”. Ma il Gip dice no. E la procura adesso ricorre al Riesame

raffele cantone e antonio laudati caso Toti © jrwasserman e zmeel tramite Canva.com

Premessa fondamentale: non saremo noi a fare il tifo per il tintinnar di manette, a quello già ci pensano il Fatto Quotidiano e soci. Però cogliere le stranezze del sistema giudiziario italiano è anche compito nostro e dunque eccoci qui a commentare lo scoop della Verità di ieri, oggi ripreso da tutti i quotidiani, sulla richiesta di arresti (respinta dal gip) ai danni di Pasquale Striano e Antonio Laudati.

Direte: e chi sono? Con un piccolo sforzo di memoria dovreste ricordare. Il primo è il tenente della Guardia di Finanza finito nell’inchiesta sui presunti dossieraggi ai danni di politici e Vip, mentre Antonio Laudati è l’ex sostituto procuratore nazionale antimafia (ora in pensione) coinvolto allo stesso modo nell’indagine sull’accesso abusivo ai sistemi informatici. Parliamo dello scandalo Sos denunciato, per primo, dal ministro Guido Crosetto che s’era ritrovato spiattellate sui giornali alcune sue operazioni finanziarie che sarebbero dovute rimanere segrete. L’accusa ai danni dei due indagati è quella di aver effettuato accessi illeciti ad informazioni riservate almeno fino all’autunno del 2022 con migliaia di interrogazioni alle banche dati su politici, ministri, imprenditori e personaggi noti. Per dirla con le parole del pm Raffaele Cantone: un “verminaio” di accessi con numeri “mostruosi e inquietanti” (almeno 33mila file scaricati, tra cui 4124 Sos), tutte attività non legate a legittime informative della Procura nazionale antimafia. Nella rete dell’indagine, lo ricordiamo, sono caduti anche alcuni giornalisti (tre sono cronisti del Domani di Carlo De Benedetti) che sarebbero stati i destinatari delle informazioni contenute nei dossier.

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La novità è che il titolare del fascicolo, Raffaele Cantone, ora alla procura di Perugia, lo scorso luglio ha domandato al Gip di poter arrestare Laudati e Striano. Il motivo? I due avrebbero tentato di ostacolare l’indagine o comunque di condizionarne gli esiti. Il finanziere incontrando alcuni suoi colleghi, il magistrato cercando di ottenere informazioni sulle attività del nuovo procuratore antimafia, Giovanni Melillo, e su quelle della procura di Roma. Tutto da dimostrare, ovviamente. Da qui l’ipotesi di rischio di inquinamento delle prove, uno dei motivi che permette la custodia cautelare agli arresti domiciliari. Il Gip, però, evento più unico che raro, pur confermando l’impianto accusatorio ha respinto l’istanza. E Cantone, convinto che debbano essere messi ai domiciliari, ha fatto ricorso al tribunale del Riesame (udienza prevista il 23 settembre). Sin qui, la cronaca.

E ora arriviamo al punto. Non saremo certo noi garantisti a fare il tifo per la custodia cautelare, sia essa in carcere o ai domiciliari. Laudati e Striano sono innocenti fino a prova contraria, attendiamo la celebrazione del processo per chiarire i fatti. Ed è un bene che esista al mondo un Gip così cauto nel concedere ai colleghi il richiesto arresto. Tanto garantismo, tuttavia, stride un po’ con l’usanza tipica italiana (di solito il Gip convalida la richiesta del pm) e soprattutto con quanto visto a Genova. Giovanni Toti infatti è stato tenuto per mesi chiuso in casa benché il rischio di fuga, il pericolo di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato fossero impossibili. Non sarebbe potuto andare da nessuna parte, l’inchiesta era talmente datata nel tempo che inquinare le prove sarebbe stato impossibile e quanto alla reiterazione del reato beh: solo uno stolto si sarebbe rimesso a commettere i presunti reati di cui è accusato pur avendo tutti gli occhi del mondo addosso. All’ex governatore ligure la libertà è stata negata finché non si è dimesso. Per l’ex procuratore Laudati e per il finanziere Striano, invece, garantismo massimo. Guarda tu il caso.

Franco Lodige, 2 settembre 2024

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