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Guerra e diplomazia, l’Italia è finita al margine

Draghi vorrebbe ritagliarsi un ruolo di trattativa con Putin ma non riesce a uscire dal labirinto diplomatico in cui si è infilato

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Nel fronte occidentale messo in movimento dall’invasione russa dell’Ucraina, non trova un ruolo significativo l’Italia. In un articolo di Ilario Lombardo sulla “Stampa” si è scritto: “La richiesta italiana di un maggiore coinvolgimento è resa quasi esplicita nella nota ufficiale diffusa al termine dell’incontro dove è scritto che Draghi e Sullivan ‘si sono detti d’accordo sull’importanza di intensificare ulteriormente i contatti tra Italia e Stati Uniti a tutti livelli, alla luce degli eccellenti rapporti bilaterali e del legame transatlantico’. Draghi vuole uscire dal labirinto diplomatico in cui si è infilato nelle ultime settimane, mano a mano che l’escalation militare cresceva”.

Su “Huffington Post Italia” Angela Mauro segnala: “Mario Draghi matura l’idea durante il consiglio europeo di Versailles la scorsa settimana: un vertice dei paesi mediterranei a Roma per elaborare un piano comune sul caro energia che sfidi i “no” dell’Olanda, della Germania e di altri paesi del nord. Il premier ne parla prima con Pedro Sanchez. Poi con il greco Kyriakos Mitsotakis, con il portoghese Antonio Costa”. Questa pare una mossa quasi disperata, quella di passare dall’asse con Parigi alla leadership del debole fronte mediterraneo.

In realtà Draghi all’inizio dell’invasione russa aveva cercato un suo ruolo, anche per i collegamenti che gli restano con il mondo Goldman Sachs dove in un report degli economisti della grande finanziaria – ne scrive “Formiche” – si sottolineava che “l’economia globale potrebbe affrontare uno dei più grandi shock di fornitura di petrolio della storia”. E ancora: “Le esportazioni di petrolio russo sono crollate dopo l’invasione dell’Ucraina. Se sostenute, le sanzioni potrebbero portare a un calo del petrolio via mare pari a 3 milioni di barili al giorno, il che darebbe vita alla sesta più grande interruzione dalla Seconda guerra mondiale”.

Come Emmanuel Macron mantiene la Total a Mosca nonostante le proteste del candidato verde alle presidenziali francesi Yannick Jadot, e come Olaf Scholz prende ufficialmente le distanze da Gerhard Schroeder ma non lo espelle dalla Spa, così anche Draghi voleva ritagliarsi un ruolo di trattativa con Vladimir Putin. Ma prima un editoriale del “Wall Street Journal” e poi un durissimo intervento di un portavoce, sia pur non ufficiale dell’establishment americano, Ian Bremmer (che ha definito “Draghi un possibile nuovo Schroeder”) hanno bloccato l’iniziativa dell’ex presidente della Bce. Un’ampia area dell’articolato potere che orienta le scelte di Washington pare essersi concentrato sull’esigenza di semplificare a ogni costo il numero dei protagonistiche che gli scenari globali possono permettersi.

Tutto ciò mentre sia il presidente del Consiglio sia Sergio Mattarella confortano ancora una società italiana ragionevolmente preoccupata, ma non riescono più ad avere quel ruolo di guida morale non solo nazionale avuto nella pandemia e nell’attuazione del Pnrr. Forse chi ha evitato l’ascesa al Colle Draghi, lasciando l’Italia con due autorità morali ma con una scarsissima autorevolezza politica (quella che solo il mandato dei cittadini conferisce), sta cominciando a ricredersi sulla bontà delle proprie scelte.