Guerra e pace: i tre scenari che portano al disastro

Europa dell’est, Medio Oriente e oceano Pacifico rappresentano la polveriera attorno alla quale si dispiega il destino dell’ordine mondiale

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Война и мир. Guerra e pace. In russo la parola “мир” (myr) significa sia pace che “mondo”. La guerra e il mondo dunque. La guerra infiamma i centri nevralgici del mondo terrestre (medio-oriente, est-Europeo) e si affaccia verso gli oceani (Taiwan). L’escalation è dietro l’angolo. È sufficiente un colpo di pistola, un singolo colpo, magari accidentale, per incendiare tutto.

L’Europa sembra aver smarrito la rotta, perduta nel vortice dei personalismi e della volontà di potenza (o “potenzina” verrebbe da dire in questo caso) dei singoli leader. Si abbandona la diplomazia che ci ha reso grandi in nome delle dichiarazioni roboanti. Francia e Germania, per bocca dei loro capi politici sempre meno amati in patria, invitano l’Ucraina a colpire direttamente sul suo territorio la Russia, usando le armi della NATO. A queste nazioni si aggiungono la Polonia, che attraverso il ministro degli Esteri Sikorski annuncia un possibile invio di soldati polacchi in Ucraina, mentre il vice ministro della Difesa Cezary Tomczyk dichiara che non ci sono restrizioni per l’uso delle armi polacche fornite a Kiev, e la Finlandia tramite il ministro degli Esteri Elina Valtonen. Stessa posizione.

L’ex presidente americano Donald Trump dice, con impagabile disinvoltura, che avrebbe bombardato Mosca se fosse stato lui al comando degli Usa nel momento in cui la guerra è cominciata. Sulle recenti dichiarazioni del capo della NATO Stoltenberg è stato già detto molto. A far tremare i polsi è però la possibilità che anche l’attuale presidente Usa permetta agli ucraini di usare le armi americane per colpire obiettivi in Russia. Solo militari, si intende, non civili. La guerra a Gaza insegna che quando si colpiscono obiettivi militari molto spesso sono anche i civili a farne le spese.

Intanto, proprio nel Medio Oriente Israele prosegue la sua guerra totale contro Hamas, distruggendo tutto quello che incontra sul suo cammino. Alla devastazione consegue lo sdegno del mondo con relativo riconoscimento dello “stato Palestinese”, tanto per gettare altra benzina sul fuoco divampato. Più che alle discutibili iniziative europee è alle conseguenze nello stesso Medio Oriente che Gerusalemme dovrebbe guardare. Il fronte anti-israeliano, capeggiato da Erdogan, neo-ottomano signore di Ankara e aspirante nuovo faro del mondo islamico, si sta compattando. Il fragile equilibrio faticosamente raggiunto con gli Accordi di Abramo si sgretola e potrebbe non ricomporsi più. La morte di un soldato egiziano a Rafah potrebbe costituire la scintilla per un ripiegamento dell’Egitto verso posizioni anti-israeliane, fino a sconfinare in una guerra regionale.

Dall’altro lato del mondo, le pressioni cinesi verso Taiwan si fanno sempre più aggressive. I recenti massicci acquisti di oro e petrolio da parte di Pechino fanno presagire una volontà preparatoria ad un periodo in cui tali risorse mancheranno, forse in preparazione ad uno scenario bellico. Va in questa direzione anche la necessità, più volte espressa nei documenti emanati dalla sede centrale del partito comunista, di aumentare la produzione agricola nazionale così da rendersi meno dipendenti dalle importazioni. Uno scenario inquietante che sembra ricalcare la situazione europea prima della Grande Guerra del 1914. Una serie concatenata di provocazioni e manovre regionali pronte a deflagrare verso qualcosa di più terribile.

L’imperialismo tedesco di matrice guglielmina, che fu la causa principale della Grande Guerra, assomiglia al neo-imperialismo russo di stampo mistico, con un ritorno della ricerca dello “spazio vitale” da parte di Mosca dopo il fallimento della politica europea nei tentativi di riavvicinamento con il più grande stato del mondo. Con in più l’aggiunta dello spettro nucleare. La crisi nei paesi balcanici (in particolare Bosnia e Serbia) che portò all’uccisione dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando, generata da motivi etnici ed alimentata dall’ex impero russo in funzione anti-austro ungarica, sembra ricalcare il conflitto in Medio Oriente, generato da motivi geopolitici ma alimentato dall’odio etnico tra palestinesi e israeliani. Nel 1914 era bastato un colpo di pistola sparato da uno studente serbo a far detonare tutto. La miccia è già accesa e sta bruciando da due lati. La furia israeliana potrebbe accrescere ancora di più quell’odio etnico che tanti morti ha causato e che oggi è fomentato da stati islamici dotati di eserciti moderni come Iran e Turchia.

Nel 1911 la Germania inviò una cannoniera davanti al porto di Agadir in Marocco per minacciare la Francia di non creare un protettorato nella regione. Questa provocazione avrebbe portato, pochi anni dopo, Gran Bretagna e Francia a dichiarare guerra alla stessa Germania per frenare le sue ritrovate ambizioni imperialiste e colonialiste, manifestate in modo particolare con la creazione di una flotta militare atta a far assurgere lo stato tedesco a potenza marittima oltre che terrestre. Le somiglianze con ciò che quotidianamente accade a Taiwan sono evidenti; la Cina effettua nuove manovre di giorno in giorno attorno all’isola, violando le acque continentali dei paesi vicini e preparandosi a sfidare gli Usa nel dominio del Pacifico.

In tutto questo l’Europa è inesistente, irrilevante. Le nazioni agiscono in solitaria e senza alcuna visione comune, alimentando un incendio già alto in nome dei consensi politici. Lanciano dichiarazioni un tempo impensabili e pericolosissime provocazioni. C’è da sperare in un risveglio degli Stati Uniti dal torpore in cui sono precipitati, mentre il disordine si fa avanti.

Europa dell’est, Medio Oriente e oceano Pacifico rappresentano i tre scenari attorno ai quali si dispiega il destino dell’ordine mondiale, sempre più in bilico verso la guerra. Gli stessi scenari che hanno portato alla Prima Guerra Mondiale potrebbero condurre ad una Terza. Verso la fine del mondo.

Francesco Teodori, 30 maggio 2024

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