Dopo lo Stato del Texas, anche il Kansas ha deciso di citare in giudizio Pfizer in merito al suo presunto vaccino di lunga vita anti-Covid. In particolare, l’accusa sostiene che il colosso farmaceutico, il più grande di quelli che operano nel mondo della ricerca, avrebbe forviato il pubblico divulgando false informazioni sulla reale efficacia del vaccino e nascondendone i rischi.
Nella causa intentata presso il tribunale distrettuale della contea di Thomas, così si è espresso il procuratore generale Kris Kobach: “Pfizer ha fatto numerose dichiarazioni fuorvianti per ingannare il pubblico sul suo vaccino in un momento in cui gli americani avevano bisogno della verità”. L’ufficio del procuratore, inoltre, ha contestato a Pfizer di aver celato che l’efficacia dei vaccini calava dopo la somministrazione, non fornendo una protezione altrettanto alta contro le successive varianti del Covid.
Sempre secondo l’accusa, a partire da poco dopo il lancio del vaccino all’inizio del 2021, Pfizer avrebbe nascosto le prove che l’iniezione poteva comportare complicazioni della gravidanza, tra cui aborto spontaneo, nonché problemi cardiaci, noti come miocardite e pericardite. Ovviamente, così come avvenuto nei confronti del Texas, la multinazionale del farmaco si è difesa facendosi scudo con il dogma che in Italia ha causato una strage di cervelli, sostenendo in una nota che “le dichiarazioni fatte da Pfizer riguardo al suo vaccino contro il Covid-19 sono state accurate e basate sulla scienza”, e aggiungendo di ritenere che la causa in oggetto risulta assolutamente priva di fondamento.
Sarà, ma a noi eretici della prima ora la totale mancanza di fondamento ci è sempre sembrata marchiana sin dall’inizio di questa puzzolente faccenda di una vaccinazione di massa senza precedenti nella storia dell’uomo. Una vaccinazione messa in piedi in fretta e furia, infischiandosene di ogni cautela imposta dai protocolli, sulla base di un assunto truffaldino colpevolmente avvalorato da buona parte di quella stessa scienza a cui fa riferimento Pfizer, cioè che senza il vaccino avremmo rischiato l’estinzione della specie. Tant’è che persino quel genio incompreso di Giuseppe Conte, che all’epoca ci tolse la libertà con alcuni semplici atti amministrativi, lo scorso 5 giugno, nel ricordare quei convulsi frangenti a Un giorno da pecora, in onda su Radio 1, ha confessato di aver pensato che “saremmo tutti morti”.
Eppure sarebbe bastato esaminare con lucidità l’indagine sierologica effettuata nel febbraio del 2020 in quel di Vo’ Euganeo, realizzata da un altro genio incompreso del calibro di Andrea Crisanti, per comprendere quanto fosse infondato l’allarmismo diffuso in quei giorni fatali, visto che circa il 96% dei soggetti risultavano asintomatici o paucisintomatici, malgrado circolasse la forma più cattiva del coronavirus. Tutto questo sarebbe già bastato per evitare la paralisi della vita sociale e dell’economia, evitando di gettare nello sciacquone enormi risorse in una deleteria campagna vaccinale.
Ma ciò avrebbe leso i colossali interessi, economici, professionali e politici, che si sono rapidamente e spontaneamente consorziati dopo che in molti hanno fiutato l’affare. Quindi, una volta partita la macchina del terrore virale, il vaccino sperimentale di massa non poteva che costituire una tappa praticamente obbligata.
Claudio Romiti, 19 giugno 2024
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