Dal voto in Emilia Romagna si è avuta la conferma di un Partito Democratico politicamente inesistente, non più in grado di elaborare progetti e idee politiche, ma vivo come blocco burocratico, come grumo storico che non vuole rinunciare ai benefici del clientelismo e del potere assoluto e sa come fare, sa come serrarsi quando la situazione diventa critica. Da Roma, il segretario Zingaretti ha regalato la prima scempiaggine in tempo reale: dobbiamo ringraziare le sardine, senza di loro eravamo perduti. E le sardine, che anche loro in certo senso non esistono se non come semplici avanguardie di partito, sono passate subito all’incasso: noi facciamo un passo indietro, hanno promesso, dai media che tanto ci piacciono ma patti chiari! I capetti fra noi vanno cooptati nel Parlamento, che nei loro intendimenti rappresenta il potere parassitario e perenne, e potranno continua a dare la linea.
Linea che, anche quella, non c’è: c’è una esasperazione dei valori pretestuosi della sinistra, c’è quello storico bisogno di assoluto, di risposte definitive, di avere ragione, di sentirsi dalla parte del giusto, e di odiare il nemico. La differenza, unica, ma non da poco, con i movimenti storici, dal ’68 al ’77, è che quelli non si vergognavano di predicare e praticare la violenza ed erano frontalmente contro il Pci, questi sono organici al Pd e la loro violenza – verbale, storica – la nascondono dietro le foglie di fico del solidarismo e di un improbabile, paraculesco amore universale. Ma all’occorrenza tornano trucidi e tracontanti come i loro antenati movimentisti e casinisti. E faranno la stessa fine, disperdendosi nel mare magno e torbido del partitone da cui sono emerse.
Stesso esito i grillini. Dopo l’Emilia non esistono più e non solo in Emilia, era già chiaro, era risaputa la loro evaporazione come di una enorme medusa al sole. Una setta in apparenza incomprensibile, in realtà spiegabile con il solito bisogno di cabaret feroce all’italiana, creata da un comico in andropausa e da un informatico dalle alterne fortune; una miscela liofilizzata di giacobinismo, roussoianismo, di Sorel e Guevara, di Marx e il Mussolini socialfascista, di fratelli Marx e Monty Python, di antiscientismo magico e suggestioni da scie chimiche, e di enorme, agghiacciante opportunismo. Quell’arruffapopoli catanese, il Giarrusso, un miracolato dell’antimafia pelosa che se ne esce e dice: i rimborsi? I rimborsi non li verso più, debbo prepararmi ai processi, alle querele e anche io invecchio.
Questi grillini, ci siamo chiesti in tanti, a lungo, cosa fossero e non trovavamo risposte noi che ci ostinavamo a cercarle nel recinto della ragione e invece era così facile: erano puro cabaret fondato per creare disturbo parasovversivo. Fin da quando sfoggiavano i dazebao da strada con i nomi e le facce dei giornalisti da eliminare o almeno da regolare in puro stile lottacontinuista; poi continuavano con la trivialità dei vaffanculo, dei “merde!” sparati a raffica dalle Taverna, dalle minacce ispirate da qualche isterico maestrino, “vi veniamo a prendere a casa”, “siete morti che camminano, avete i giorni contati”. E invece a camminare da zombi erano loro; e invece ad attendere una fine annunciata, l’estinzione per accorpamento al corpaccione postcomunista, erano loro. Missione compiuta, e Dio per tutti.
Ma che assurda, situazionista politica italica però. Due partiti che letteralmente non esistono, uno in senso numerico, l’altro a livello progettuale, di idee, sorretti da un movimento giovanile infiltrato da reduci del casinismo sui 70 anni a suo modo inesistente. E tengono in mano il paese con l’avallo del Colle. E si spartiscono le nomine, 400 subito, poi anche la Rai dove la sinistra, che in verità non ha mai mollato la presa perché Salvini è molto meno totalitario e organizzato di lei, adesso il Pd vuole tutto, come diceva Nanni Balestrini, e ci vuole l’umorismo involontario del becchino grillino Crimi a dire che non è cambiato niente, che la spartizione ha da essere paritaria. Con gli eredi della tradizione leninista? Povero Crimi, vedi che vuol dire non averci il background.
La sinistra invece ce l’ha e difende le sue radici. Ha proclamato come prima cosa dopo la sua rielezione il governatore emiliano Bonaccini: subito lo ius soli, ne abbiamo bisogno. In una città priva di porti di sbarco, priva del mare. Ma Bonaccini ha ragione, hanno bisogno dello ius soli e dei cinquecento, mille migranti tornati a sbarcare ogni giorno e smistati dal premier che non c’è, Giuseppi Conte, sette volte a Taranto, una a Pozzallo, altre sette a Taranto, e così via. Ne ha bisogno il PD perché, tramontata l’idea negriana di classe operaia salvifica, risolutrice, provvidenzialmente evoluta dallo stesso professore padovano in classe globale, in lumpenproletariat esotico, quella dei migranti è la principale attività amministrativa e affaristica e dunque clientelare di cui il partito ha un disperato bisogno per autoalimentarsi. Anche a livello ideologico.