Malgrado la fosca profezia di Silvio Berlusconi (“lunedì ci sveglieremo con l’incubo dei sovranisti”), domenica sera ho preferito andare a dormire subito dopo gli exit poll delle 23 (il giochino delle forchette ampie mi pareva una buffonata) e svegliarmi, come al solito, prima delle cinque (i vecchi, fin che dormono poco, sanno che non sono ancora rincoglioniti). Ottima scelta, mi sono evitato ore di chiacchiere su forchette e seghe mentali varie.
Il sabato scrissi che non facevo previsioni sui risultati alle europee. Non mi interessavano certo i numerini in più o in meno di questo o di quel partito. Ero però certo che i vincitori morali della sfida sarebbero stati gli sconfitti della globalizzazione. Le persone perbene hanno preso coscienza che non può esserci crescita economica senza umanità. Il futuro dell’Europa sarà condizionato da questa parola, umanità, così umile, così antica, che la stessa Chiesa dei monsignori laici ultimamente fatica a declinarla, se non in swahili. Umanità, parola dalla quale, in politica, non si può prescindere, e di fronte alla quale le vecchie élite novecentesche devono, loro malgrado, indietreggiare. È lo stesso destino che attende il Ceo capitalism: evaporerà, se non si confronterà con lei.
Così è avvenuto. Certo, se leggiamo i dati con l’arroganza dei “competenti” il vecchio hardware europeo è sempre lì, il pilota automatico che ci governa è intatto e nelle mani dei due di Aquisgrana e della BCE, così il software, così le cadreghe (verranno tutte assegnate ai loro amichetti). Quindi non cambierà nulla? Errore. Il 26 maggio in Europa è cambiata l’atmosfera, ed è cambiata per sempre. Un altro caso Grecia non ci sarà mai più, l’epoca dell’arroganza tecnocratica è finita nel cassonetto della storia.
Se Berlusconi conoscesse il significato vero del termine “sovranista” saprebbe che i sovranisti europei per eccellenza sono i suoi amici Angela Merkel ed Emmanuel Macron (e sono stati sconfitti proprio perché sovranisti). Pur con il rispetto che si deve a un senatore a vita come Mario Monti, non mi sono certo preoccupato per il pericolo della terza guerra mondiale se avessero vinto quelli che non potevano vincere (infatti, non hanno vinto). Nulla di tutto questo ci attende, un conflitto globalisti-sovranisti non esiste. È il modello culturale, economico, politico in essere (il Ceo capitalism) che è entrato in un cono d’ombra, quando ne uscirà sarà un’altra cosa, ci saranno altre élite, più giovani, più curiose, con altri riferimenti culturali, meno intellettualmente fascistoidi delle attuali (questi sono convinti di aver sempre ragione).