Serotonina, il nuovo romanzo di Michel Houellebecq è il diario di uno scrittore esausto, che non ha da dire molto di più di quello che trasmette il suo volto: nichilismo pret-a-porter, esistenzialismo da riporto, maledettismo più da randagio che da poeta degli inferi. Malgrado il fenomeno editoriale Houellebecq – almeno in Francia, con 350 mila copie vendute in 2 giorni – non sembri finire, altro si può dire per la sua vena artistica: prosciugata da troppe vecchie provocazioni.
Sono lontani i tempi de Le particelle elementari, il suo esordio da romanziere non ancora esausto da sé stesso. Houllebecq è passato dagli scontri agli scontrini. Ormai è polvere da sparo bagnata, è il fantasma di sé stesso trapassato ad una terza età che ha sempre cercato e finalmente raggiunto. Le sue provocazioni ora che non colgono più nel segno diventano quelle che sono: le parole di un Bukowski senza neanche il 4 di Luglio, il diario di un “vecchio sporcaccione” che ha il suo baratro in Louis Ferdinand Celine che ha già scritto tutto per lasciare spazio alle invettive di un Houllebecq che gira ormai intorno a sé stesso.
Serotina è un romanzo da turisti della vita, un libro da mutuati dell’esistenza incapaci di fare fronte alla vecchiaia. Non si cerchino metafore con il decadimento dell’Occidente perché quello che descrive Houellebecq è un cercare di cadere sulla paglia. Quella dei suoi lettori, che leggono le sue provocazioni come guardano i gilet gialli alla televisione: con un occhio allo schermo e l’altro ai video porno su un telefonino.
Gian Paolo Serino, 12 gennaio 2019