Articoli

Huawei, il simbolo della guerra tra Stati Uniti e Cina - Seconda parte

Quasi ovunque, ora, i fronti si compattano. In Nord Africa e in Medio Oriente lo scontro fra sauditi – in asse con Israele – e iraniani tende ad assorbire ogni altra rivalità: i turchi ripiegano ambizioni troppo vaste, i palestinesi diventano irrilevanti o iranizzati, le mosse diplomatiche dell’Iran fanno da sponda (sollecitata) alla Cina che fronteggia la guerra commerciale di Trump. Nel cortile di casa latino-americano prosegue – con i processi stile Mani Pulite o con le pressioni economiche – il riallineamento verso gli Stati Uniti. In Asia e oltre, civiltà diverse, da sempre lontane, come India, Giappone e Australia, che a vario titolo temono (molto) la potenza cinese, intensificano accordi e scambi.

Qualche conclusione emerge con evidenza. Primo: è in atto uno scontro per la supremazia mondiale che si qualifica come tale in quanto investe la frontiera tecnologica, essenziale non solo per il primato economico ma anche – e soprattutto – per la crescita della potenza militare. Secondo: l’Europa, che con la sua fantasmagoria di soft power e perfezione giuridico-morale pensava di tenere insieme interessi opposti, è costretta a scegliere e ora non sa come fare. Terzo: le alleanze sono cruciali e sul tema Trump fa un po’ fatica. Quarto: per entrambi i campi l’alleato fondamentale è la Russia che dal 1991 l’Occidente ha fatto molto per allontanare da sé.

Antonio Pilati, 15 maggio 2019

PaginaPrecedente
PaginaSuccessiva
Iscrivi al canale whatsapp di nicolaporro.it
la grande bugia verde

SEDUTE SATIRICHE