Cosa sarebbe il mondo senza l’Onu? Come sopravviveremmo senza questo organismo custode della pace mondiale, sempre in prima linea quando si tratta di avanzare proposte concrete per la risoluzione dei molti conflitti che insanguinano la Terra. Verrebbe da ridere se non vivessimo in una costante tragedia.
Se la profonda inutilità delle Nazioni Unite è stata confermata nel corso della storia dalla assoluta incapacità di recitare un ruolo determinante nella prevenzione e nella risoluzione delle infinite guerre succedutesi nei decenni successivi alla sua creazione, ci sono dei momenti in cui all’inutilità si aggiunge la vergogna. La decisione di ammettere lo Stato Palestinese tra i membri effettivi delle Nazioni Unite arriva nella fase più critica del conflitto tra Israele ed Hamas.
L’Assemblea generale ha considerato la Palestina “qualificata” ad entrare nel sistema Onu, evidentemente sulla base del suo statuto che considera degni di essere ammessi tutti gli Stati “amanti della pace” (così si legge). Ora la decisione effettiva spetta al Consiglio di Sicurezza, il quale, probabilmente, rigetterà di nuovo la proposta attraverso il veto di uno degli Stati membri permanenti. Tuttavia questa decisione dell’Assemblea ha un valore intrinseco che genera in noi inattuali alcune considerazioni.
1. La dicitura “amanti della pace” ha un significato talmente vago da essere inafferrabile, tuttavia le numerose Intifade, gli attentati terroristici contro civili israeliani, le incursioni, i lanci di missili, e non ultimo il massacro del 7 ottobre, dovrebbero ingenerare nelle auguste menti che popolano l’Assemblea che il popolo palestinese non è forse così tanto amante della pace. Dall’inizio del conflitto con Israele non si contano le iniziative belliche intraprese dai palestinesi, giustificabili o meno a seconda dei punti di vista storici, prima per mano delle varie organizzazioni, poi attraverso Hamas e i gruppi sodali. Non sono gli Stati a dover essere “amanti della pace”, sono i popoli a doverlo essere. E questo popolo di eterni profughi non ci sembra si sia distinto particolarmente per indole pacifica.
2. La natura dello Stato di Palestina è molto controversa sia a livello giuridico che politico. Esso coincide con la Cisgiordania ma sembra comprendere anche la striscia di Gaza (almeno prima dell’invasione israeliana). Secondo la Convenzione di Montevideo occorre che ci sia un territorio definito perché si possa parlare effettivamente di “Stato”. I confini territoriali dello Stato di Palestina sono in questo senso assai poco definiti.
3. Se esiste uno Stato palestinese da ammettere nel sistema delle Nazioni Unite, cosa vanno ancora rivendicando i palestinesi? Se già esiste una nazione che li ospita e su cui loro vivono, perché ancora oggi protestano e reclamano un territorio dove esistere che già possiedono? L’eterna cantilena del “Due popoli-due stati” non dovrebbe avere più senso. Di Stati infatti ce ne sono già due: Israele e Stato di Palestina coincidente con la Cisgiordania, quello che l’Onu vorrebbe ammettere come membro effettivo del Sistema. L’attenzione dovrebbe spostarsi sulla presenza di coloni israeliani sul territorio di Cisgiordania e su come rendere quest’ultimo sicuro per entrambi i popoli. Invece ancora oggi gran parte del mondo arabo (e gran parte dell’Occidente) accusa Israele di sottrarre al popolo palestinese la possibilità di avere una terra tutta loro. Ma se è così, che cosa va ad essere effettivamente ammesso all’Onu? È forse un gesto simbolico?
4. Permetteteci una provocazione. È strano che l’Onu non abbia proposto a suo tempo un iter per l’ammissione dello Stato Islamico (l’Isis per intenderci) come membro effettivo dell’Assemblea Generale. Anche quello era uno Stato e comprendeva parte dell’Iraq e parte della Siria, oltre ad avere, ci sembra, lo stesso senso per la pace che hanno i palestinesi. Ad oggi fortunatamente non esiste più. All’Onuhanno perso un’occasione.
Francesco Teodori, 11 maggio 2024
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