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I decreti sono già una patrimoniale

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Perché infervorarsi tanto contro la patrimoniale, cioè il “furto di Stato” nei nostri portafogli, che ogni tanto fa capolino nei programmi o nei propositi del governo più a sinistra che abbia mai avuto un Paese occidentale?

Vi dò una notizia: la patrimoniale già esiste, e opera implacabile ben oltre l’uno o il due per cento che paventano i bene informati. Esiste dal marzo scorso, da quando il virus ha colpito l’Italia nel momento in cui un governo raccogliticcio cercava un collante che proprio nel “comunismo 2.0” ha nei fatti trovato. Il fatto è che i nostri risparmi, più precisamente quelli di molti italiani ma non di tutti, si stanno già assottigliando a causa di precise scelte politiche del governo in carica. Ai risparmi privati, infatti, accumulati col sacrificio e col lavoro, a quel “tesoretto” che i politici famelici e statolatri guardano da sempre con sospetto, molti stanno già ampiamente mettendo mano: semplicemente per far fronte alle spese preventivate, quelle di una vita normale, che pensavamo di compensare con gli introiti delle loro attività presenti e non passate.

Anzi, per essere più precisi: si tratta di una patrimoniale fortemente selettiva, che colpisce chi appunto un lavoro in proprio ce l’ha; e che quindi ogni mattina si alza, anzi si alzava, con tanta buona volontà e amore per il proprio lavoro e per la propria indipendenza economica. Dagli imprenditori medi e piccoli alle partite Iva, dagli operatori nei servizi ai ristoratori, dai professionisti dagli operatori dello spettacolo (con tutto il vasto indotto)… Si dirà: grazie al centrodestra, che ne ha fatto richiesta prima di votare a favore dell’ultimo scostamento di bilancio, ora anche loro avranno dei “ristori”. Falso! Si tratterà di piccole mance che non serviranno forse nemmeno alla normale manutenzioni degli strumenti di lavoro.

Chi invece una indipendenza economica non ce l’ha, e forse non l’ha mai cercata, coloro voglio dire che lavorano per il pubblico e spesso (non sempre per carità) con scarsa dedizione e amore per quello che fanno, sono stati finora ampiamente garantiti dallo Stato. O meglio da una maggioranza che sa di avere in loro la propria base elettorale, ma che anche, più o meno inconsciamente, ha introiettato quell’odio per tutto ciò che è privato di cui uno Stato socialista per principio non ha bisogno.

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