Sarà anche tutto scritto nel drammatico libro dei cieli, ma alla fine la sostanza è che la nostra vita di pena e di dolore fu decisa dalla plebe merdosa: volete voi libero Cristo o Barabba? E tutti, subito: Barabba! Un ladro, e l’altro li aveva sfamati, guariti, consolati. I referendum dell’apparente potere al popolo! Se vanno bene, di fatto certificano decisioni già imposte; se vanno male, basta non ascoltarli. Da noi il profeta dei referendum fu Pannella, che alla fine davvero esagerava: raffiche da quindici, trenta quesiti cervellotici, da Settimana Enigmistica, dove, regolarmente, per dire “sì” dovevi votare “no” e viceversa. Una polluzione, un tracimare di questioni tecniche, cavillose, di cui la piccola gente sapeva niente e votava a pilota automatico, per ideologia, per dispetto.
Il padre di tutti i referendum fu sul nucleare: “Ah, volete voi il sole, buono bello e mistico, o quella merde dell’atomo brutto, sporco e fascista?”. E tutti, subito: il sole, il sole. Il sole che ride, che asciuga, che cura, che dà energia. Se è per questo, dava e dà anche il cancro, come fatale in natura, ma chi se ne frega, il sole sempre il sole, il sole sempre il sole. Mezzo secolo dopo, semestre più semestre meno, siamo ancora qua a fare i conti con le nostre pezze al culo, di sole finché ne vuoi ma non basta mai, e giù pannelli fotovoltaici orrendi, ma tossici, mulini schifosi alimentati coi motori diesel, ma sai, Greta vuole così e Greta è come er Cavaliere Nero, non la devi fare incazzare se no ha gli accessi demoniaci. Complimenti, adesso la soluzione sarebbe: popolo italiano, non ti rimane una fava, torna alle caverne.
Lunga sanguinosa premessa per dire che il mondo non cambia mai, cambia solo il modo di vestire come dice Rocky Balboa. In America, per le midterm, solita scarica di referendum, e la massa, puntuale: Barabba, Barabba! Cose grosse, ma deliziose: dietro la cortina fumogena delle “questioni civili ed etiche” (non significa una beneamata minchia, tutto potendo essere gabellato per civile ed etico, ma è la foglia di fico di ogni referendum), piovono le rivendicazioni più fumose, letteralmente, la prima è l’aborto, l’aborto, toujour l’aborto. Che è, l’hanno cancellato, son tornati alle streghe sul rogo? No, ma per precauzione, non si sa mai, anzi rilanciamo: l’aborto, l’aborto, sine die, senza limiti di nascita, anche quando uno è nato si può “abortire”. Non sarebbe infanticidio? Basta chiamarlo aborto postumo e tutto va a posto. Perché in America c’è un po’ la complicazione della legge tra singolo stato e stato federale, dell’inserimento nello stato particolare e/o nella Costituzione e insomma facciamola semplice: certi stati sono più rigidi, altri, quelli costieri dell’ovest, ci vanno morbidi per non dire aperti, apertissimi. Così per esempio in Kentucky, in Colorado, dove rifiutano di modificare il “diritto all’aborto” anche dopo che il feto, non più feto, è stato scodellato dalla madre. Barabba, Barabba!
Ma il meglio del referendum al fumo è sulla roba: erba buena, funghetti magici: via, via, la polizia e tutte le restrizioni, canne e acidi a pioggia, dall’Arizona al Montana, dal New Jersey al Mississipi; in Sout Dakota fanno passare pure la psilocibina, e avanti col pejote, siamo tutti indiani di Tex Willer. Ma facciamo a capirci: non si discute qui la misura, che, anzi, da liberali noi approviamo in toto: ciascuno decida lui, senza paternalismo statale, come vuole condursi e se mai accopparsi (Milton Friedman non tollerava proprio limiti e nella liberalizzazione includeva le pesanti, eroina, coca), a patto che chi ammazza non se stesso ma qualcun altro, magari tirandolo sotto o facendolo fuori per un “gioco” andato troppo oltre, se ne assuma la responsabilità, anche penale, e non rompa i coglioni con “er disaggio, la mamma coraggio, il primo maggio, all’arrembaggio, siamo di maggio”. Mentre qui va alla rovescia: ci si ostina a proibire la sostanza ma il balordo sostanziale lo si perdona, lo si manda dal don di turno a fare barchette di carta, anzi di canna, e di lì in televisione a pontificare. Urgerebbe cambio di paradigma ma qui ci si limita a considerare che, tra le mille emergenze che attanagliano pure l’America, la priorità va ai funghetti magici e alla cannetta mistica. Barabba, Barabba!
Ma dove davvero si arriva alla doppia libidine, è sul referendum “contro la schiavitù”. Ma come, non ci aveva già pensato Lincoln tipo un centocinquant’anni fa, a spanne? Taci fascista, anzi uomo bianco tossico sessista fascista come dice Rula tutto d’un fiato, schiavitù è sempre, far lavorare gli ergastolani in galera è schiavitù, impedire ai Black Lives Matter di sfasciare le città è schiavitù, tutto è schiavitù, capito, fascista di merda. Una questione di percezioni, tipo quella di chi sotto ha una proboscide ma si considera fanciulla. Ma vale dappertutto, per esempio in Africa, in Cina, nei baratri dove bambini condannati a nascere, e lì forse l’aborto sarebbe stato più pietoso per loro, durano sei, otto anni prima di dissolversi a forza di grattare a mani nude la terra da cui graffiare polvere di metalli rari con cui fare i dispositivi che consentono ai gretini di filmarsi mentre tirano zuppe addosso ai Van Gogh, ai Rembrandt, e, se ci scappa, un bel morto “per visibilità”? No, che c’entra, questi son discorsi da provocatore, lo vuoi capire che il pianeta è morto, che “forse” fra seicentomila anni avremo più 1,5 gradi e dovremo cambiare gli itinerari dei viaggi esotici?
È la retorica del cotone: una questione di linguaggio. Pesco dal Manifesto, così non sono passibile di invenzioni, il Manifesto essendo il Vangelo anche se lo leggono in dodici: “Ieri in cinque stati Usa – fra cui la Louisiana, oltre ad Alabama, Tennessee, Oregon e Vermont – si votava non solo per il midterm ma anche dei referendum per abolire la schiavitù. Tesi cioè a rimuovere dalle costituzioni statali il linguaggio che consente la sopravvivenza della schiavitù come punizione per i carcerati, stabilendo un deroga alla «clausola d’eccezione» contenuta nel 13esimo emendamento che 157 anni fa ha liberato gli schiavi: «A eccezione che per la punizione di un crimine». Una clausola in vigore nella maggior parte del Paese, dove come denuncia un report dell’Aclu (American Civil Liberties Union) 2 su 3 persone appartenenti alla popolazione carceraria nazionale Usa di 1.2 milioni di detenuti svolge un impiego, ma lo fa in stato di schiavitù: senza paga o per pochi centesimi l’ora, senza diritti, tutele sindacali e sotto ricatto costante”.
Non ci avete capito niente, eh? Non preoccupatevi, è fatto apposta, puro marxismo dialettico, cosa diceva Marx ad un perplesso Engels? “Più scrivo, più ingarbuglio tutto, naturalmente lo faccio in modo che avrò ragione anche se la realtà dovesse darmi torto. Io avrò sempre ragione”. Trattare i detenuti con giustizia e umanità è doveroso, ma il delirio della schiavitù da rimuovere “per linguaggio” dev’essere direttamente connesso all’aver sdoganato la psilocibina. No alla schiavitù, cancelliamo anche il termine, anzi partiamo proprio dal termine, anzi limitiamoci al termine. Also sprach american referendum. Barabba, Barabba!
Max Del Papa, 10 novembre 2022