I due partiti già sconfitti da Draghi

55.6k 51
generica_porro_1200_5

Nella partita del governo Draghi perdono un po’ tutti, e quindi forse nessuno. O meglio, si spera che vinca l’Italia. Ci conforta però che due sicuri e netti perdenti ci siano già: uno forse ancora da verificare, e cioè in prospettiva, ed è il cosiddetto “partito dei giudici”, i giustizialisti alla Travaglio-Bonafede per intenderci; l’altro, già sicuro ed evidente, è il partito degli intellettuali di sinistra, quelli che fanno tendenza e piacciono alla gente che piace. Diciamo che in genere, sulla lunga distanza (magra consolazione!), non ne hanno mai azzeccato o vinta una.

Questa volta però il ko sembra definitivo. E il silenzio assordante dei Saviano, Murgia, Urbinati, Di Cesare (ma parleranno presto statene certi!), è a dir poco significativo. L’intellettuale tipo, come è noto, non può vivere senza un nemico da additare al pubblico ludibrio e rispetto al quale ergersi a “moralmente superiore”. Con esso non vuole confrontarsi sulle idee, o con gli interessi concreti che maturano nella storia e nella lotta politica, ma vuole semplicemente eliminarlo dall’agone pubblico, non dargli nemmeno le credenziali per accedervi. Egli chiama questo nemico “fascista”, dimenticando che quel fenomeno storico è bello e sepolto da più di settanta anni e che quella dell’“emergenza democratica” in Italia è stata una favola bella e buona su cui loro hanno campato per tanti anni. A forza di gridare contro i “pieni poteri”, o l’”uomo solo al comando”, a forza di esaltare acriticamente la “Costituzione più bella del mondo”, questi intellettuali, tranne poche eccezioni (penso a Giorgio Agamben), si sono non solo trovati impreparati e silenti ma hanno addirittura avallato quei poteri e quella insensibilità per le forme democratiche quando si sono appalesate davvero e dalle loro parti.

Emblematico il manifesto che molti di loro firmarono a difesa del premier uscente Giuseppe Conte e che uscì il primo maggio dell’anno scorso su Il Manifesto. Che la gestione della pandemia fosse fatta al limite e probabilmente oltre la costituzionalità, per loro, per queste vestali della Costituzione, per la prima volta non era un problema. L’importante era che il governo Conte tenesse a freno il “fascista” di turno, che era diventato Matteo Salvini. Ora, il “razzista” Salvini è nella maggioranza di governo, a cui dà quell’impronta di pragmatismo e sviluppismo che è proprio della sua Lega.

E nel governo Draghi c’è anche l’altro “fascista”, quello precedente, Silvio Berlusconi. Che marca la sua presenza con due donne ministro su tre, mentre i “compagni” presentano una squadra tutta al maschile. Chi si ricorda più delle infamanti accuse di “sessismo” rivoltegli da Sabina Guzzanti in Piazza Navona venti anni fa? Fra l’altro, certe accuse non si sono mai fatte scrupoli a sinistra ad offendere le donne, se sono di destra. E lo stesso forse capiterà, anzi ce ne è stata già qualche avvisaglia, ora che è all’opposizione, alla “fascista” Giorgia Meloni (fra l’altro unica leader donna di un grande partito in Italia e leader del suo gruppo in Europa). Dopo questa botta, gli intellettuali di sinistra probabilmente se ne inventeranno di nuove. Sarebbe più opportuno invece che si rinchiudessero nelle loro stanze a studiare, e producessero libri più di sostanza e meno banali rispetto a quelli che hanno pubblicato in tutti questi anni. Con la compiacenza dei media e con l’irriflessività diffusa nel “ceto riflessivo”. Sempre, il che è da vedere, che ne siano capaci.

Corrado Ocone, 13 febbraio 2021

Ti è piaciuto questo articolo? Leggi anche

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version